In classe dopo la malattia? I pediatri: "Solo col certificato medico"

UDINE. Niente certificato medico per rientrare a scuola dopo un’assenza per malattia proseguita oltre i cinque giorni. Il Friuli Venezia Giulia è fra le sette tra Regioni e Province autonome in Italia (Lombardia, Umbria, Liguria, Provincia di Trento, Piemonte, Emilia Romagna, Provincia di Bolzano) che hanno scelto la via della semplificazione.
L’obbligo alla presentazione del certificato medico era stato introdotto nel 1967 con un decreto del Presidente della Repubblica (Dpr numero 1518), quando non erano ancora diffuse le vaccinazioni e occorreva quindi monitorare l’andamento delle malattie infettive per la sicurezza dei bambini.
Oggi la necessità di sorveglianza è venuta meno e non ha quindi più senso portare dal pediatra il bambino ormai guarito per avere il certificato di riammissione scolastica. «Anche perché, il più delle volte, si tratta di patologie ricorrenti, come una banale infezione delle vie respiratorie oppure di problemi intestinali che non mettono a repentaglio la salute dei ragazzi», spiegano gli esperti.
Il crollo delle vaccinazioni sta facendo ripensare al problema pediatri e dirigenti scolastici. Cosa accade se il bambino ha una malattia infettiva come, per esempio, morbillo, varicella o rosolia? In tutti questi casi è obbligatoria la denuncia da parte del pediatra all’Asl e quindi anche la presentazione di un certificato medico a scuola. Infatti, il Dpr del 1967 attualmente è ancora in vigore, non essendo stato abrogato. In questi anni, però, ci si è orientati verso il suo superamento.
Già il Testo unico delle leggi sulla pubblica istruzione del 1994 non prevedeva l'obbligo del certificato medico oltre i cinque giorni di assenza. Nel 2003, poi, la Regione Lombardia aveva fatto da apripista con una legge regionale che l’aboliva. Più di recente, nel 2014, il Consiglio di Stato ha ritenuto «legittima l’abolizione dei certificati di riammissione a scuola, dopo i cinque giorni d’assenza» introdotta dalla Regione Liguria nell’ambito di alcune semplificazioni in tema di certificazioni sanitarie.
La semplificazione introdotta in Friuli Venezia Giulia, se da un lato solleva mamma e papà dall’incombenza del certificato, dall’altro richiede però più cautele. Perché l’obiettivo dovrebbe essere responsabilizzare i genitori nel valutare quando è opportuno rimandare il figlio a scuola o tenerlo ancora a casa, ma talvolta può capitare che per problemi organizzativi siano mandati in classe bambini non completamente guariti.
Nel caso in cui l’istituto pretenda il certificato medico anche se non più necessario, mamme e papà possono presentare un’autocertificazione. In tutti i casi in cui la legislazione regionale prevede l’obbligo del certificato, il pediatra è tenuto a farlo.
Qualche scuola lo chiede anche per assenze non legate a ragioni sanitarie, per esempio se il ragazzo va in settimana bianca con la famiglia. In questi casi, però, basta la sola giustificazione dei genitori. La certificazione è infatti a tutti gli effetti un atto medico. In Toscana è stato messo a punto un protocollo d’intesa in cui si precisa quando è obbligatorio il certificato medico dopo cinque giorni di malattia e come sono conteggiati i giorni festivi.
«Oggi sarebbe auspicabile uniformare le regole a livello nazionale per superare le differenze da una Regione all’altra» ha dichiarato al Corriere della Sera il presidente nazionale dei pediatri Giampietro Chiamenti.
«L’abolizione del certificato dovrebbe avere anche l’obiettivo di responsabilizzare i genitori nel valutare quando è opportuno rimandare il figlio a scuola o tenerlo ancora a casa - sottolinea Paolo Becherucci, presidente della Società italiana delle cure primarie pediatriche (Sicupp) -. Talvolta, capita che per problemi organizzativi siano mandati in comunità (non solo in classe) bambini non completamente guariti, che magari fino a poche ore prima avevano la febbre, poi scomparsa grazie alla somministrazione di un antipiretico. Ma non va trascurata la sofferenza del ragazzo che torna a scuola, non ancora in buona salute».
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