In arresto cardiaco per 150’: trasferita a Udine e salvata

Pordenone. Adottata una strategia fuori da ogni protocollo per strappare alla morte una 32enne. L’unico modo per rianimarla è stato quello di sottoporla a circolazione extracorporea

PORDENONE. «Tutti abbiamo creduto in questa possibilità»: il dottor Flavio Bassi, direttore del reparto di Rianimazione e terapia intensiva, è stato il primo a pensarci quando si è trovato ad affrontare un arresto refrattario a qualsiasi intervento di rianimazione. In pochi minuti ha deciso cosa fare per strappare Elisa Gaiarin, trentaduenne di Pasiano, alla morte.

Una strategia al di fuori di ogni protocollo che ha consentito alla donna di superare un arresto cardiaco: il suo cuore è stato fermo 150 lunghi minuti, ma, nonostante questo, lei ora sta bene e non ha riportato alcun danno.

Ieri i protagonisti hanno raccontato questa storia di buona sanità, che sarà oggetto di approfondimenti scientifici per la sua eccezionalità. Era un lunedì di qualche mese fa quando la trentaduenne si era sottoposta ad accertamenti nel reparto di Cardiologia dell’ospedale di Pordenone. A causa di una grave cardiopatia aritmogena, la sindrome di Brugada, era andata in arresto cardiaco.

«L’assistenza è stata immediata – ha raccontato Bassi –: per ridurre la comparsa di danni neurologici è necessario cominciare subito il massaggio». Cosa fatta visto che l’arresto si è verificato in ambiente ospedaliero.

Ma, nonostante l’intervento tempestivo, il cuore della trentaduenne non voleva riprendere a battere. «In base alla mia esperienza – ha proseguito il direttore della Rianimazione – l’unica soluzione era la possibilità della circolazione extra-corporea. Era il solo trattamento adeguato e i dati che avevamo a disposizione in quel momento indicavano che non c’erano danni neurologici».

Così il primario ha deciso di rivolgersi a chi la circolazione extra-corporea poteva garantirla: l’ospedale di Udine (l’altro centro in regione è a Trieste). In pochi minuti ha messo in piedi una operazione che non è prevista da alcun protocollo medico e mai vista prima, almeno su una distanza così lunga: continuare a effettuare il massaggio cardiaco alla paziente, anche mediante strumenti pneumatici, e trasportarla da Pordenone a Udine. «Abbiamo contattato il professor Ugolino Livi a Udine – ha messo in evidenza Bassi – e gli abbiamo detto che cosa intendevamo fare.

Anche loro hanno creduto in questa possibilità e si sono messi subito a disposizione. In pochi minuti i ragazzi del 118 erano nel reparto di Cardiologia per prendersi carico della paziente e la fortuna è stata anche che l’autista sapeva dove andare, consentendo di risparmiare minuti preziosi».

La donna è stata caricata in ambulanza venendo sempre sottoposta a massaggio cardiaco attraverso un sistema pneumatico con una pompa che si chiama Lucas.

L’ambulanza ci ha messo 38 minuti per coprire la distanza tra i due ospedali: la trentaduenne è stata accolta nell’emodinamica dell’ospedale di Udine, dove è stata immediatamente sottoposta a circolazione extracorporea. Nonostante la situazione gravissima, si è ripresa perfettamente e ieri era lì a testimoniarlo.

«Tutto ha funzionato come auspicato – ha concluso Bassi – ed è un doppio esempio positivo: sia dal punto di vista dell’esito sia da quello organizzativo». «È un esempio di buona sanità – ha detto il direttore generale dell’Aas 5, Paolo Bordon – ed è segno che la rete funziona».

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