Il vaporetto che da Venezia è approdato a Cordovado

La storia di come il natante è diventato l’attrazione del lago in località Suzzolins. Il trasporto avventuroso dal cantiere di Marghera e l’inaugurazione nel 1994

CORDOVADO. Chi transita lungo l'arteria che collega Cordovado a Teglio Veneto nota da lontano la sagoma inconfondibile di un vaporetto veneziano, che costituisce l’attrazione principale del lago di pesca sportiva in località Suzzolins.

Titolare e proprietario del bacino è il cordovadese Gino Bertoia, figura molto conosciuta tra gli appassionati del settore gestendo da oltre 25 anni una consolidata attività come associazione affiliata alla Fispas, la federazione di pesca sportiva e attività subacquee riconosciuta dal Coni.

Non a caso il luogo è anche conosciuto come il “lago di Gino”.

La sua storia comincia oltre 60 anni fa come cava di ghiaia, il cui sfruttamento si è iniziato nel 1952 ed è terminato negli anni 80.

L’attuale profondità del lago di oltre 13 metri ha interessato la falda freatica dando origine a un bacino di circa 40 mila metri quadrati, mentre l’intera area è di circa 50 mila metri quadrati interamente recintati.

«La passione è cresciuta sin da piccolo e si è poi trasformata in lavoro – afferma Gino Bertoia –. Non sono mancate le difficoltà, ma anche le soddisfazioni, come quelle che verifico ogni giorno da parte di molti iscritti che si sono affezionati a questo posto da giovani e che ora ci portano i figli».

L’attività di pesca sportiva sul lago Cordovado prende le mosse il 19 marzo 1989. Da allora si dipana la storia originale e un po’ avventurosa del sodalizio ricreativo e del vaporetto “n. 58”.

«Essendo area agricola, la zona non poteva avere che questi usi – prosegue Bertoia –. Nasce invece l’originale e anche un po’ pazza idea di acquistare un vecchio natante in disuso, ristrutturarlo e adibirlo a sede dell’associazione, posto di ristoro e piccolo deposito. In una seduta d’asta acquistai un vecchio vaporetto dell’azienda di trasporti di Venezia costruito nei cantieri navali Cnonv nel 1935, di 22,50 metri di lunghezza per 4,25 metri di larghezza, di stazza lorda pari a 52,67 tonnellate e registrato alla capitaneria di porto veneziana col numero 58. Ma il problema più impegnativo fu il trasporto dai cantieri di Marghera-Mestre sino a Cordovado, un percorso di circa 90 chilometri. Tre le alternative. Il transito in autostrada venne subito scartato perché i viadotti si rivelarono troppo bassi. Poi fu individuata la navigazione fluviale lungo la laguna veneta per risalire il fiume Lemene sino all’attracco di Portogruaro, ma la soluzione venne scartata perché in prossimità di Jesolo un ponte mobile era in manutenzione. Venne scelto infine il percorso stradale che attraversava le province di Venezia e Pordenone, effettuato dalla ditta Furlanis di Marghera».

Essendo considerato un trasporto eccezionale, il vaporetto ebbe anche una scorta eccezionale con vetture della polizia stradale di Portogruaro che deviavano il traffico, l’uso di un attrezzo speciale chiamato “alza fili” nei paesi per evitare i rischi di venire a contatto con i cavi della corrente elettrica e poi la necessità in tutti i comuni attraversati della presenza dei vigili urbani e di uno speciale permesso di transito.

«Il viaggio fu avventuroso per tutti – conclude Bertoia –, dalla ditta di trasporto, che con grande professionalità superò ogni ostacolo sino alla messa in acqua del natante, alle forze dell’ordine, che gestirono con bravura un servizio inusuale, ma anche rischioso, ai vigili urbani, senza dimenticare la preziosa collaborazione di tanti amici. Dopo un notevole lavoro di recupero l’8 dicembre 1994 il vaporetto venne ufficialmente inaugurato».

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