«Il tiramisù? Made in Friuli.» Ma il Veneto non si rassegna

UDINE. Il tiramisù, il dolce italiano più famoso del mondo, capace di calamitare un giro di affari di molti milioni di euro, è nato in Friuli Venezia Giulia. E ci sono le prove, nero su bianco.
Lo certifica, con tanto di documenti e ricette originali, il libro dal titolo “Tiramisù, storia, curiosità, interpretazioni del dolce italiano più amato” edito da Giunti e oggi in presentazione al Salone di Torino, scritto da Gigi e Clara Padovani, esperti di eno gastronomia e tradizioni culinarie.
Il volume, alla vigilia del suo “debutto” ufficiale ha però già suscitato un vespaio di polemiche. Perchè il Veneto non ci sta e rivendica, con un comunicato ufficiale firmato dal presidente Luca Zaia, la paternità del dolce. «La sua trevigianità non si tocca - sbotta Zaia -. Se altri hanno copiato hanno fatto bene, perchè è il più buono».
Ma in realtà a copiare, stando alle ricerche dei coniugi Padovani, durate più di due anni, non è certo il Friuli. Perchè il nome “Tirime sù” è stato coniato nel lontano 1935 da Mario Cosolo, storico titolare della locanda “Al Vetturino” di Pieris, a pochi passi dal ponte sull’Isonzo.
Cosolo aveva abbinato quella dicitura alla sua prelibata coppa, i cui ingredienti però - limone, panna liquida, marsala e cacao amaro - non erano gli stessi del tiramisù classico con mascarpone, biscotti savoiardi e caffè. Insomma Cosolo fu un antesignano, ma sui generis.
Però a metà degli anni Cinquanta fu una donna carnica, Norma Pielli Del Fabbro del ristorante “Al Roma” di Tolmezzo, a inventare quello che sarebbe diventato, molti decenni dopo, un vero e proprio culto. E nel libro di Padovani è stata riportata, per la prima volta, la ricetta originale e unica, scritta a mano con inchiostro blu su una carta a righe ingiallita.
«Fare un buon caffè - si legge nel documento -, sbattere due tuorla d’uovo con un etto e mezzo di zucchero, aggiungere un etto e mezzo di mascarpone». E poi le indicazioni su come inzuppare i savoiardi, adagiarli in una pirofila, ricoprire con la crema e mettere in frigo per 12 ore.
«Al Roma questo dolce veniva servito alla fine degli anni Cinquanta - dice l’autore del volume che vuole fare chiarezza sulla disfida -. Ma per dissipare gli ultimi dubbi ho ritrovato il menù per il concorso Piatto d’Oro e Accademia della cucina di Udine del 27 novembre 1965 dove alla voce dolci c’è scritto “Tirimi-sù”, almeno cinque anni prima della effettiva rivendicazione di Ada Campeol e del cuoco Paolo Linguanotto delle Beccherie di Treviso. Ecco se vogliamo dare un merito ai veneti possiamo dire che sono stati loro a “codificare” la ricetta. Ma il dolce nasce tra Pieris e Tolmezzo».
La sentenza ha fatto infuriare il governatore Zaia che non ha esitato a prendere carta e penna. «Non è la prima volta - dice - che si tenta di “scippare” a Treviso questa eccellenza e non sarà l’ultima. In tutti i settori il meglio viene “clonato”». Effettivamente, viste le dimensioni mondiali del successo (in Cina la parola italiana più conosciuta è proprio tiramisù) appiccicare il “marchio” Fvg al dolce farebbe lievitare un bel giro d’affari. «Il Friuli potrebbe creare un festival dedicato - suggerisce Padovani - sulla falsariga del cous cous in Sicilia. Sarebbe una iniziativa identitaria di grande impatto».
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