Il Tar dice tre volte no alla discarica nel Parco del Torre

«Inammissibile». È la sentenza ribadita per tre volte dal Tar. Tanti “niet” quanti erano i ricorsi presentati dalla società Danelutto contro Comune di Udine e Regione Fvg: l’ex cava a cavallo fra Godia e Beivars non diventerà una discarica. La proprietà è stata presa in contropiede dalla decisione depositata venerdì mentre i comitati nati nella zona per contrastare il proliferare delle discariche festeggiano la chiusura di una querelle iniziata nel 2007 e pensano allo sviluppo del Parco del Torre. «Siamo più tranquilli per il futuro del territorio perché tenere monitorate tre discariche così vicine è difficile – spiega Pietro Felice Petrucco, portavoce del Comitato di San Gottardo –. Stiamo più tranquilli perché il conferimento di rifiuti in un’area vicina alla case avrebbe potuto creare problemi. Ed è una buona notizia anche per lo sviluppo del Parco che con la spola dei camion fra i centri di raccolta e la discarica avrebbe fatto un salto indietro di decenni».
È il 1975 quando Danelutto inizia a estrarre ghiaia dalla cava di Beivars. Un’attività che con rinnovi periodici prosegue fino al 1995. Esaurita l’attività d’estrazione, la voragine si presta a essere adattata a discarica. Nel primo lotto sono conferiti rifiuti urbani e inerti fino alla completa baulatura. Nel 2007 la Danelutto presenta la richiesta per ottenere l’autorizzazione integrata ambientale (Aia) per il secondo lotto: l’impianto per rifiuti non pericolosi che il Tar ha dichiarato inammissibile. La sentenza tombale del Tar boccia i tre ricorsi depositati dalla Danelutto nell’arco di un biennio che chiamavano in causa Comune e Regione, proprio per il diniego dell’Aia. Il primo ricorso è datato 2010 e va contro la decisione del Comune di modificare la destinazione dell’ex cava, il secondo è del 2011 e chiede lo stralcio di una delibera della giunta regionale, mentre il terzo è stato depositato a febbraio 2012 e si oppone al rigetto della richiesta dell’Aia.
C’è poi l’ingiunzione al ripristino dell’area. Un obbligo imposto dall’Ufficio geologico di via Sabbadini bloccato dalla cautelare, cui ora Danelutto dovrà dare seguito. Il no all’Aia dipende dalla capienza della discarica progettata e quindi non può essere messo in discussione: quei 350 mila metri cubi richiesti sono troppi. Anche perché dal 2006 sono vietate discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno e con una capacità totale superiore alle 25 mila tonnellate, a meno che non si tratti di inerti. E nell’ex cava di ghiaia di Beivars dovrebbero finire sì gli inerti, ma anche sovvalli provenienti dalla lavorazione dal centro di via Gonars.
Ora si apre la questione occupazione. La discarica di Beivars è strategica per le sorti della Danelutto srl. Il giro d’affari legato all’ex cava è di quelli a sei zeri: riempire 380 mila metri cubi con rifiuti porta a un incasso lordo di circa 40 milioni di euro. Inoltre l’azienda, dal 2006 a oggi, ha sborsato una cifra che oscilla fra i 700 e gli 800 mila euro fra progetti e studi di fattibilità, di volta in volta adeguati alle richieste arrivate da Regione o Comune. Ora che la discarica è cancellata, la società deve pagare altri 500 mila euro per il ripristino della zona: resta l’avvallamento, ma l’azienda di Godia deve rafforzare le pareti piantumando arbusti tipici del Parco del Torre. Le spese di lite sono invece compensate tra le parti.
Michela Zanutto
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