Il sigillo della città a Luciano Provini giornalista e “primo” tifoso dell’Udinese

la cerimoniapaolo medeossiI cronisti udinesi sono sempre stati professionali sì, ma anche un po’ originali, estroversi, diciamo mattacchioni nel modo di proporsi. Quasi uno stile tra il bohemien e lo...

la cerimonia

paolo medeossi

I cronisti udinesi sono sempre stati professionali sì, ma anche un po’ originali, estroversi, diciamo mattacchioni nel modo di proporsi. Quasi uno stile tra il bohemien e lo scapigliato. Per capirlo, basta leggere un foglio del 1954 stampato per ricordare i trent’anni di giornalismo dei quattro nomi più in vista allora, trasformatisi nei quattro moschettieri: Porthos era Carlo Serafini, Athos era Gian Maria Cojutti, D’Artagnan era Arturo Manzano e Aramis era Giorgio Provini, il cui primo articolo di fondo risaliva al 1917 quando, profugo a Torino, lo scrisse sul periodico L’esploratore friulano.

Giorgio divenne, in seguito, caporedattore del Gazzettino e del Messaggero Veneto, instillando il talento per la cronaca al figlio Luciano, guidato poi lungo i sentieri di una passione infinita. Storia familiare e professionale questa rispuntata ieri, nel salone del popolo in municipio, dove si è svolta una piccola significativa cerimonia durante la quale il sindaco Fontanini, l’assessore Cigolot e tutta la giunta hanno consegnato il Sigillo della città, quale segno di ringraziamento, a Luciano Provini che, compiuti i 90 anni lo scorso 15 agosto, è ora il decano dei giornalisti friulani. Precede di sette anni Mario Blasoni, storico capocronista del Messaggero Veneto, e di nove Sergio Gervasutti, direttore in carriera di quattro quotidiani fra i quali a lungo anche il Messaggero Veneto.

Provini è iscritto nell’elenco dei giornalisti pubblicisti e lì è davvero il decano in assoluto in tutta la regione in quanto precede la triestina Fulvia Costantinides e altri 1768 nomi. Sono primati anagrafici, certo, ma anche di sostanza, sottolineati ieri dal sindaco Pietro Fontanini e dall’assessore Fabrizio Cigolot mentre Paolo Cautero ha ripercorso alcuni momenti nell’attività di Luciano, iscritto all’Ordine dei giornalisti nel 1950, prima della laurea in legge ottenuta un anno dopo.

Già da studente dello Stellini si era specializzato nel giornalismo sportivo seguendo lo sbocciare della grande Udinese degli anni Cinquanta, della quale poi ha sempre scritto con acume critico e una competenza che nessun allenatore o giocatore ha mai contestato. Provini, dopo aver guidato la redazione udinese del Piccolo, entrò per concorso nell’Inps, continuando a dedicarsi alla scrittura come avvenne con il settimanale Il Punto, con il mensile Friuli nel mondo oppure reggendo l’ufficio stampa della Camera di commercio al tempo del famoso Made in Friuli. Ha fondato riviste e settimanali sportivi collaborando con le testate nazionali e scrivendo libri splendidi (come Udinese 50 anni, Udinese story, Otto città nel pallone, Alfredo Foni, I ragazzi del Brunetta). Fondamentale il suo affettuoso e dettagliatissimo racconto cittadino tracciato nelle preziose pagine di “Una vita a Udine”, libro ormai esaurito e che ieri Fontanini si è impegnato a ristampare. Il periodo del secondo dopoguerra è invece proposto in un’opera storica ricca di informazioni come “Il Friuli dei colonnelli”, per nulla ideologica, scritta da autentico cronista.

Il piccolo grande mondo di Luciano Provini è racchiuso tutto dentro queste pagine, ma anche nelle conversazioni che ogni giorno fa con gli amici a un tavolo della trattoria Ai Frati dove, con tocco magico, emergono dal passato volti, vicende, partite leggendarie o sfortunate, i mille personaggi di una città che conserva un’anima grazie a chi, con intelligenza, misura e rispetto, la sa narrare. Gli articoli e i libri di Luciano Provini sono tesori in questo lungo romanzo sul Novecento udinese e da allievo (del papà Giorgio) è così diventato un maestro per tutti i cronisti friulani. –



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