Il ritorno di Strassoldo: "Un partito autonomista che sta a centrodestra"

L’ex presidente della Provincia contesta la tesi di Cecotti: "Il Pd non convergerà mai in un movimento regionalista"
ANTEPRIMA Udine, 9 Giugno 2004. 11,00. CONFERENZA STAMPA PROVINCIA DI UDINE. Il presidente Strassoldo, con Damele e Deganutti, illustra alla stampa le iniziative che la Provincia intende intraprendere per tutelare le trasmissioni Rai in Friulano. Telefoto Copyright Diego Petrussi/Foto Agency Anteprima © (tutti i diritti riservati, citazione obbligatoria) www.anteprimafoto.it.
ANTEPRIMA Udine, 9 Giugno 2004. 11,00. CONFERENZA STAMPA PROVINCIA DI UDINE. Il presidente Strassoldo, con Damele e Deganutti, illustra alla stampa le iniziative che la Provincia intende intraprendere per tutelare le trasmissioni Rai in Friulano. Telefoto Copyright Diego Petrussi/Foto Agency Anteprima © (tutti i diritti riservati, citazione obbligatoria) www.anteprimafoto.it.

UDINE. Autonomista da sempre tranne una parentesi giovanile da democristiano poi pentito. Marzio Strassoldo, ex rettore dell’Università di Udine dal 1992 al 2001, poi presidente della Provincia di Udine dal 2001 al 2007, anno in cui è stato costretto alle dimissioni, fa della battaglia per l’autonomismo la battaglia per antonomasia. Insegnante ordinario di Statistica economica, nella vicenda greca si dichiara vicino alla Merkel: «Mi spiace per i greci, ma chi ha i soldi e li presta pretende garanzie. E i comportamenti politici dei greci, come quelli degli italiani, sono stati spesso disinvolti».

Professore, lei come si definisce politicamente?

«Sono un autonomista. Autonomista di centrodestra».

Il suo modello?

«Ne ho tre. Il primo è il Südtiroler Volkspartei, il Partito Popolare Sudtirolese. Il secondo è il Csu ovvero l’Unione Cristiano-Sociale bavarese. Il terzo è quello di Convergenza e Unione della Catalogna».

Perché qui in Friuli gli autonomisti sono sempre stati divisi, se non addirittura contrapposti e in guerra tra di loro?

«Il problema è che il Fvg dal dopoguerra è stata una Regione opposta alla Cortina di ferro per il pericolo incombente del comunismo. E la Dc è stata bravissima a riassorbire ogni spinta autonomista in nome di quello spauracchio».

Certo, mai poi c’è stato l’89 e voi autonomisti siete rimasti in ordine sparso.

«Sì, ma ci sono stati anche vari tentativi di aggregare sentimenti per dare corpo all’autonomismo che è molto diffuso. Purtroppo non è emerso un gruppo dirigente valido e ben inserito nel tessuto sociale per dare corpo a un partito».

Davvero l’autonomismo è un sentimento diffuso?

«Tanti sondaggi dimostrano un forte attaccamento alla lingua friulana e alla originalità della cultura friulana».

Ma tutto questo non siete riusciti a tradurlo in un corpo politico.

«I partiti nazionali hanno sempre riassorbito ogni spinta pericolosa per loro. La nostra, con la Sicilia, è una Regione a statuto speciale senza un partito regionale».

Eppure l’autonomismo friulano è di nuovo in fermento.

«In effetti si respira un’aria nuova. Speriamo trovi qualche forma di consolidamento. Anche in Regione la musica è cambiata. Quando ci fu la stesura del nuovo Statuto e io portai le istanze friulaniste incontrai sempre un atteggiamento ostile. Solo gli sloveni votarono per me».

Adesso, invece?

«Adesso la Festa del Friuli ha ottenuto un riconoscimento regionale con l’opposizione triestina e nell’ambito della legge sulle autonomie locali è prevista l’assemblea delle comunità linguistiche».

Serracchiani in tutto questo che ruolo ha?

«È vice segretaria nazionale del Pd e non può che essere solidale con gli orientamenti di Renzi che su questi temi non si è ancora espresso».

Lo ha fatto la Boschi...

«E si è rimangiata tutto proprio grazie alla Serracchiani. Ma citerei anche il presidente dem della Toscana che vorrebbe negarci l’autonomia speciale. Ma anche a destra ci sono forti spinte pericolosissime che vanno bloccate».

Torniamo in Fvg. Parlava di mancanza di leadership e di partito regionale. Ma da poco è rispuntato Sergio Cecotti.

«Credo che abbia sviluppato l’idea del partito regionale sull’onda delle elezioni in Scozia dove il partito autonomista scozzese ha distrutto quello laburista».

Torniamo a Cecotti...

«Cecotti ha formulato la tesi secondo cui saremmo pronti per un’operazione simile a quella scozzese con un partito regionale friulano che riesca ad assorbire il Pd del Fvg».

E il suo parere qual è?

«Che è una tesi irrealistica».

Perché?

«Perché l’analisi non tiene conto del fatto che il Pd ha una sua consistenza ideologica con due famiglie di origine: l’ex comunista e quella degli ex diccì che non scompaiono».

La destra può avere un ruolo in questa partita?

«La destra è completamente priva di riferimenti seri. Per questo proprio lì potrebbe nascere un partito autonomista moderato»

Regionale?

«Sì, come i grandi partiti autonomisti. Anche quello basco è di centrodestra nonostante l’ala degli ex terroristi»

Non penso che Cecotti accetti questo tipo di approccio.

«Certamente non sarà d’accordo. Con lui ho un ottimo rapporto. Spero che maturino le condizioni per rivedere questa sua posizione che a mio avviso non ha possibilità».

Insomma, l’autonomismo rifiorisce, ma già si allunga l’ombra dell’ennesima diaspora.

«Sono del parere che il Friuli, la lingua e l’autonomia non sono elementi sufficienti per coagulare una forza politica. Su economia, autonomia, unioni civili e quant’altro nascono due orientamenti: quello di sinistra e quello che si lega a un ambiente comunitario popolare e moderato».

E dunque cosa fate?

«E allora come in Catalogna e Sud Tirolo è necessaria una grande forza autonomista, ma moderata».

Lei potrebbe esserne il leader?

«Non aspiro a questo. C’avevo provato e sono stato bloccato».

Si riferisce al suo “incidente” giudiziario che lo ha portato alle dimissioni in Provincia?

«Senza dubbio qualcuno voleva farmi fuori. E qualche altro aveva ambizioni da leader».

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