Il ritorno di Skrap, otto mesi dopo: «Udine è al top, meglio di Milano»

Il luminare di neurochirurgia è di nuovo al vertice del reparto del Santa Maria della Misericordia
Miran Skrap: fino a domenica scorsa ha diretto la Neurochirurgia di Udine
Miran Skrap: fino a domenica scorsa ha diretto la Neurochirurgia di Udine

UDINE. Udine riabbraccia Miran Skrap, il luminare che da una manciata di giorni è tornato a sedersi al vertice della struttura complessa di neurochirurgia dell’Azienda sanitaria universitaria friulana.

Skrap ha iniziato la sua carriera, dopo la laurea in medicina a Trieste e la specializzazione a Padova, a Lubiana, salvo poi maturare diverse esperienze in Svizzera e soprattutto negli Stati Uniti: dall’università di San Francisco a quelle di Pittsburgh e Seattle, dalla Mayo clinic al Medical Center di New York.

È rientrato in Italia, a Trieste, nel 1984 dove è stato prima assistente e poi aiuto di neurochirurgia salvo poi approdare a Udine nel 1997 come direttore della neurochirurgia e successivamente come numero uno del dipartimento delle chirurgie specialistiche.

Un rapporto, quello tra Skrap e il Santa Maria della Misericordia, che si era interrotto a febbraio quando decise di trasferirsi in Lombardia, all’Humanitas con l’obiettivo, aveva spiegato all’epoca, di «concludere la mia carriera raccogliendo nuove sfide, anziché lasciarmi trasportare dall’inerzia».

Professore cos’è successo che l’ha convinta a cambiare idea e a ritornare a Udine?

«In teoria quella di Milano era una piattaforma molto più complessa, formativa e ricca rispetto a Udine. In realtà, però, si è dimostrato un percorso decisamente monotematico, ridotto agli interventi. Veniva a mancare completamente, in altre parole, quel tessuto di collegamento con strutture di ricerca cui ero abituato in Friuli e penso, ad esempio, al Cro di Aviano, alla Sissa oppure al nostro Istituto di patologia.

Mi sentivo limitato, anche perché quell’approccio può essere sufficiente quando uno è in pensione, ma non nel momento in cui esiste ancora un potenziale da esprimere. E poi mi sono accorto di qualcosa di specifico».

Prego...

«Mi sono reso conto che, effettivamente, si sente sempre e soltanto parlare di Milano, ma la realtà del Friuli è molto ricca e regala sempre nuovi stimoli e potenziale. Lavoro in una struttura di eccellenza e ho capito che non sarebbe stato corretto abbandonare un lavoro iniziato a metà strada.

Specialmente perché a Udine siamo più avanti di tanti altri posti che, magari, vantano in lungo e in largo le loro peculiarità, ma poi non si dimostrano all’altezza della situazione».

Udine resta un’eccellenza nel panorama della neurochirurgia?

«Senza ombra di dubbio. Ribadivo proprio in questi giorni, ai miei colleghi e collaboratori, che, alla fine, qui non ci rendiamo conto del livello raggiunto. Forse pensiamo troppo spesso che tutto sia dovuto e si sviluppi in automatico, mentre, di fatto, si lavora all’interno di un’oasi molto positiva. L’ho capito nel momento in cui un collega di Milano mi ha fatto notare che alcune cose si potevano fare a Udine, ma non in Lombardia»

In che senso?

«È vero che probabilmente il Covid ha esacerbato alcune situazioni, ma ho notato che a Milano esiste un’eccessiva dispersione e concorrenza tra varie strutture per cui molte energie si sprecano inutilmente. In Friuli, invece, ci sono le persone giuste, che si muovono con concentrazione e la tranquilla consapevolzza di poter lavorare sia per il presente sia per il futuro dove, ad esempio, tengo molto ad arrivare a un coordinamento per la ricerca traslazionale sui tumori».

Quindi adesso resterà a Udine fino alla pensione?

«Sì, ho davanti a me almeno altre tre anni, forse anche di più, e non ho più intenzione di muovermi. Ho capito quello che c’è in giro e quanto si stia bene a Udine. E questo, permettetemi, è un po’ un problema generale della periferia, ma anche dei media. Si pensa che il meglio risieda soltanto a Milano, Roma oppure nelle grandi città. Non è così ed è un peccato non evidenziarlo con forza». —


 

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