IL REPORTAGE Sesso, la tentazione poco oltre il confine Foto - Videointervista

HOHENTHURN. Dice che la vita è troppo breve per le cose brutte. Aggiunge che mangiare male, bere peggio e frequentare donne brutte, cattive e negative non giova alla salute. E assicura che le donne hanno la stessa filosofia. E siccome, spiega ancora, gli italiani sono buongustai in tutto... Et voilà: benvenuti al Wellcum; welness club secondo l’accezione austriaca; bordello di lusso, secondo quella italiana. Questione di Weltanschauung, pardon, di concezione del mondo.
Certo, quella di Michael Müller – direttore del Wellcum di Hohenthurn, paesino di 800 anime rigorosamente cattoliche, a cinque minuti da Tarvisio, dove l’altra sera è stato inaugurato il wellness - è convintamente improntata all’ottimismo. Ma sì - sorride – questa è la vita, tutto il resto è tristezza: mangiare, bere, divertirsi, belle donne. Ma a pagamento.
Müller è un commerciale. «Il nostro scopo è fare affari», ammette. Sa che il denaro non puzza e può vendere felicità o illusioni a ore. Di certo è consapevole di essere uno dei protagonisti dell’ennesimo business - assolutamente legale – che sfida, bypassa e si fa spallucce di qualsiasi crisi.
Già, il mestiere più vecchio del mondo con la benedizione dello Stato. A Hohenthurn una cordata tedesco-svizzera ha deciso di investire poco meno di 11 milioni di euro. Già prima dell’apertura il Comune a guida democristiana ha ricavato 300 mila euro dalla vendità della proprietà. In un’ala separata dalla struttura estesa su oltre 10 mila metri quadrati, inclusa l’area esterna, si trovano 42 camere elegati per visititori che puntano a fermarsi anche una notte intera. E stanno costruendo pure un hotel.
Sorride, Müller. E ne ha ben d’onde. Il Wellcum è un’idrovora di euro impressionante. A fine anno il fatturato milionario sarà abbondantemente a due cifre. Sorridono, giocoforza, anche le ragazze di questo market dell’outlet del sesso.
«Se non facciamo così – conferma Cristina, una ragazza romena - non lavoriamo. Dobbiamo essere sempre di buonumore. Problemi e fastidi devono restarsene fuori. Gli uomini che vengono qui vogliono soltanto divertirsi. Del resto, pagano. E di certo non gli interessa se qualcuna di noi magari...».
Sorride ancora Cristina, si gira e scivola ancheggiando verso il salone del bar dove ci sono già decine e decine di uomini in accappatoio in attesa delle profferte. Già, in un’oasi del turismo sessuale i crucci non sono ammessi. I paradisi carnali hanno bandito tutta la parte negativa del vocabolario. L’ess muss ein, l’imperativo assoluto dev’essere l’oblio, l’immersione nel piacere, la sensazione di una sorta di onnipotenza erotica grazie agli euro pronta consegna...
Sorridono perché devono, le ragazze. Al Wellcum ce ne sono un centinaio. Quasi tutte dell’Est europeo, romene, soprattutto. Soltanto tre italiane: una romana, una pugliese e una siciliana. E più sorridono, più sono accattivanti. E più diventano seduttive e maggiore è la possibilità di guadagno. Sono tutte lavoratrici autonome. A partita Iva, come si direbbe da noi.
Accedono al bordello come qualsiasi cliente. Pagano come questi 79 euro dal lunedì al venerdì e 89 nel fine settimana. A questa somma si aggiungono i 25 euro al giorno destinati allo Stato. Tutto il resto che riescono a incamerare è loro. Lavorano quando e quanto vogliono. La prestazione base, mezz’ora, costa 70 euro. Poi ogni cliente decide come andare oltre. E a quel punto si tratta.
All’esterno dal Wellcum cade pioggia mista a neve. Fa freddo. Dentro il caldo è avvolgente al punto che le ragazze girovagano nude tra i clienti. L’altra sera sono arrivati più di trecento. Oltre l’80 per cento sono italiani. Di questi la stragrande maggioranza sono friulani. Ma ci sono piccole comitive dalla Toscana, dalle Marche e perfino dalla Sicilia per un fine settimana di goliardia, quello ammesso anche dalle mogli. Degli altri. I clienti chiedono piacere, compiacenza e sorrisi.
Maria ha 26 anni, è romena. Corvina, alta. Un corpo da copertina. Indossa soltanto qualche ameniccolo. È partita dal suo Paese diversi anni fa. Ha girovagato tra Germania, Italia e Austria: ballerina, lap dance fino all’approdo nel sesso a pagamento.
«Sono qui da pochi giorni – racconta –; mi trovo bene. Vengo al lavoro quando voglio, pago le tasse. Mi trovo bene. Una volta la settinmana veniamo sottoposte a visita ginecologica e ogni due mesi ci sono anche il prelievo del sangue e il controllo ai polmoni».
Passano alcuni clienti. La scannarizzano. Lei ricambia con un piccolo gesto del viso che s’inclina compiaciuto verso la spalla. «Scusi..., è il mio lavoro», riprende. «Non posso dire che il mio lavoro mi piaccia, ma credo che ce ne siano di peggiori, di più faticosi e umilianti. Nella vita non tutti possono fare quello che vogliono. E poi...».
Maria saluta una sua collega, pure romena. Si chiama Dana. Si abbracciano. «A dopo». «A dopo». Un’ultima domanda prima di lasciarla andare: la curiosità di sapere se come tutte le ragazze anche lei ha un sogno nel cassetto, un progetto che vada oltre il Wellcum («So che questo lavoro non dura in eterno, anzi»). Un sorriso, poi la replica. «Chissà!, magari un giorno mi sposo. E magari faccio anche uno o due figli. E poi magari farò un altro lavoro... Ora devo proprio andare, deve chiedermi altre cose? Arrivederci, allora».
Maria, Dana. Ma anche Cristina, Vanessa, Natasha, Ionela: storie simili. Vicende della nuova immigrazione dell’eterno mercato che non teme l’euro e che risulta in costante espansione. Anche di questo si parla nella reception. Forse per dissimulare qualche ora di sesso a pagamento con ragionamenti che s’incarnano nella crisi. Forse per paludare di presunta serietà la propria presenza in un bordello.
Accando alla reception c’è lo spogliatoio delle ragazze: ci entrano da teen ager; escono pronte a incendiare la fantasie dei presenti. «Mi chiedo – dice Alberto, di Udine – perché l’Italia debba rinunciare a tutti questi soldi e non si decida ad aprire queste strutture». Tiene a braccetto una biondona ucraina che gli fa subito il verso (tutte parlano italiano): «Sarebbe bello lavorare in Italia, ci verrei subito». Sì, sarebbe bello, soprattutto per i clienti.
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