Il report dell'Iss sulla mortalità Covid in Friuli Venezia Giulia: quali sono le categorie più fragili, colpiti soprattutto gli uomini

UDINE. Rispetto all’andamento nazionale, in Friuli Venezia Giulia il Covid-19 ha provocato più decessi nella seconda ondata, in particolare dallo scorso dicembre al 15 gennaio quando si registravano circa 150 morti a settimana. Un numero molto alto rispetto al dato registrato, nello stesso periodo, nel resto del Paese.

Il 50,35 per cento dei deceduti in regione erano maschi e avevano tra 79 e 91 anni (85 l’età mediana), mentre tra le persone colpite dal virus i maschi raggiungono il 48,59 per cento con un’età tra 33 e 65 anni (età mediana 50 anni). Lo scrive l’Istituto superiore di sanità (Iss) evidenziando come, a livello nazionale, l’età mediana sia diminuita dai 62 anni registrata tra febbraio e maggio del 2020 a 39 anni tra giugno e settembre per risalire a 47 anni da ottobre a gennaio.

«Nella prima ondata – conferma il professor Fabio Barbone, il coordinatore della task-force regionale –, abbiamo avuto pochi morti, fino a novembre è stata registrata circa la metà dei decessi rispetto a quelli del resto d’Italia. Il numero dei morti è salito da dicembre fino al 15 gennaio, ma se spalmiamo il totale su tutto il periodo della pandemia il nostro dato è inferiore a quello del resto d’Italia».

L’ultimo report pubblicato dall’Iss sul tasso di letalità “Il case fatality rate”, chiarisce anche l’aspetto delle notifiche dei casi: quelli comunicati al Ministero della salute non battono con quelli notificati al Sistema di sorveglianza nazionale Covid. Dal 20 febbraio 2020, giorno in cui è iniziata la pandemia, al 13 gennaio scorso, in regione sono stati notificati al sistema di sorveglianza nazionale 51.869 casi e 1.710 decessi, rispettivamente il 10,24 e il 13,68 per cento in meno rispetto al numero di contagi (57.787) e dei morti (1.981) comunicati al ministero. «A causa della forte pressione sui dipartimenti di prevenzione si registrano ritardi nella notifica e nell’aggiornamento tempestivo dei casi individuali – si legge –, rendendo il quadro più recente in parte sottostimato sia per le nuove diagnosi che per i decessi».

Il Friuli Venezia Giulia, la Basilicata e la Calabria sono le tre regioni dove la sottostima supera il 10 per cento. «I numeri sono corretti. Ci sono stati ritardi nelle verifiche che vengono fatte tra il dipartimento di prevenzione e le anagrafi comunali» spiega Barbone, nel confermare che da dicembre al 15 gennaio diverse notifiche sono state trasmesse in ritardo. Questo spiega perché nei comunicati giornalieri della Regione vengono riportati decessi attribuibili a periodi precedenti.

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