Il reduce centenario racconta la guerra in Grecia e in Russia

CIVIDALE. Ha vissuto e miracolosamente superato la durissima campagna di Grecia-Albania, un inferno di fame, freddo, fango e morte, e quella di Russia, scampando alla sorte della maggior parte dei suoi commilitoni grazie all’intuito e percorrendo nel gelo della steppa mille chilometri prima di mettersi in salvo.

Il reduce Umberto Cicigoi, già sindaco di Drenchia, poi trasferitosi a Moimacco e infine nella cittadina ducale, l’11 dicembre ha varcato la soglia del secolo e ha raccontato a un pubblico che pendeva dalle sue labbra, nella sala consiliare cividalese, entrambe le esperienze alle quali è riuscito a sopravvivere. L’occasione è stata data da un momento celebrativo organizzato dalla sezione cittadina dell’Ana, presieduta da Antonio Ruocco: il sindaco Stefano Balloch ha consegnato al “veterano” il sigillo trecentesco di Cividale, mentre il comandante del Terzo reggimento artiglieria terrestre da montagna, colonnello Romeo Tomassetti, gli ha fatto dono di un quadro. E lui, il lucidissimo (a 100 anni) e brillantissimo alpino Umberto, ha catturato la platea con i suoi racconti, guidati dallo storico Guido Aviani Fulvio.

«Quando fu chiamato alle armi – ricostruisce l’esperto – fu inserito nella 14esima batteria del gruppo Conegliano del Terzo reggimento artiglieria alpina, Divisione alpina Julia. Partecipò all’intero ciclo di operazioni belliche sul fronte greco-albanese, combattendo alla linea pezzi (artiglieria) come addetto a un obice. Nell’estate 1942 partì per la Russia: il suo reparto fu schierato a ridosso del fiume Don fino a metà dicembre, poi nella steppa per osteggiare l’offensiva nemica. Per un mese, a –40°, la batteria cui Cicigoi apparteneva contribuì a frenare l’avanzata russa: non avevano strutture per ripararsi, solo misere tende in cui i soldati trascorrevano le notti uno addossato all’altro nel disperato tentativo di scaldarsi». Fra il 19 e il 20 gennaio 1943 la 14esima batteria fu distrutta: Umberto evitò l’accerchiamento e il 22 gennaio, con pochi commilitoni, riuscì a scappare mentre l’intero reparto cadeva prigioniero. Vagò alla cieca nella steppa gelata finché intercettò la colonna principale della Divisione Tridentina, alla quale si unì: fu l’uscita dal tunnel dopo un calvario infinito. Eppure alla domanda su quale consideri peggiore fra le due campagne, il centenario ha risposto senza indugio: «Quella di Grecia e Albania, 7 mesi di indicibili sofferenze».

«Momento toccante», dice la vicesindaco Daniela Bernardi, sottolineando il messaggio «di amicizia, solidarietà e riconoscenza» che gli alpini sanno sempre veicolare. —

L.A.

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