Il raccordo ferroviario non decolla: lo usano solo tre aziende su 120

Trasporti in aumento, ma ancora lontani dai livelli auspicati «Un treno di 20 vagoni equivale a 60 tir in meno in strada»

SAN VITO

Raccordo ferroviario della zona industriale Ponte rosso di San Vito: l’infrastruttura, sulla quale sono stati investiti 24 milioni di euro, resta ben al di sotto delle proprie potenzialità, grazie alle quali una notevole quantità di mezzi pesanti potrebbe essere tolta dalle strade. Dopo un crollo della movimentazione dei carri di merci tra 2016 e 2017, c’è un segnale di ripresa: quest’anno si ritornerà almeno ai livelli precedenti alla diminuzione. Le imprese che lo utilizzano restano al momento soltanto tre su oltre 120 della zona industriale sanvitese, anche se sono in corso trattative perché altre scelgano i treni anziché i camion. E pensare che, come osservano al Consorzio di sviluppo economico locale del Ponte Rosso – Tagliamento al consorzio, «un treno di 20 vagoni corrisponde a 60 tir in meno sulle strade».

L’infrastruttura, dopo anni di investimenti, è disponibile dal 2009. Il numero di carri è aumentato costantemente sino al 2015, raggiungendo un picco di 2.700 in un anno. Poi, una riduzione «del 50 per cento di vagoni», hanno riferito dal consorzio. Quest’anno, l’inversione di rotta. «Da gennaio a luglio contiamo già 1.600 carri, dunque per il 2018 si presume di raggiungere quota 2.500». A due imprese che da tempo utilizzano i treni per il trasporto merci, Agrinord e Kronospan, si è aggiunta Eco Sinergie (controllata di Ambiente Servizi). Baumit non usufruisce più del raccordo e ciò ha contribuito al calo degli anni scorsi. «Ci sono interessamenti di altre aziende, già insediate – si continua – per le nostre piattaforme logistiche, come il piazzale merci: stanno valutando anche l’utilizzo del raccordo». Quest’ultimo è controllato dal consorzio, con l’onere di rappresentare le aziende nei confronti di Rete ferroviaria italiana, mentre l’organo di gestione è la ditta Coracfer di Casale sul Sile. Secondo il consorzio, ciò che frena il “decollo” del raccordo è il sistema “rigido” di Rfi, che «non favorisce la formazione di convogli misti, utilizzati da più aziende. Resta una possibilità di più facile attuazione da parte delle sole aziende più grandi». A entrare in gioco dovrebbe essere la politica, per incidere sul sistema di trasporto regionale e nazionale. Favorirebbe l’utilizzo dell’infrastruttura anche una maggiore sinergia con il resto del sistema logistico regionale. —



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