«Il Punto nascita chiuso ucciderà la sanità in città»

Levata di scudi contro la decisione dell’Ass contenuta nel piano attuattivo locale Del Sordi al contrattacco: «Siamo pronti a manifestazioni di lotta eclatanti»
Bumbaca Gorizia 21.01.2013 Comune, incontro sanità - Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 21.01.2013 Comune, incontro sanità - Fotografia di Pierluigi Bumbaca

«Con la chiusura del Punto nascita si uccide la sanità goriziana. Siamo pronti a nuove iniziative politiche e manifestazioni di protesta eclatanti sperando che si possa ancora trovare qualche spiraglio, nell’ambito della giunta regionale, per poter evitare la chiusura già dal 28 febbraio. Certo che in questo momento non possiamo che provare stupore, rammarico e tanta rabbia». Così l’assessore comunale Francesco Del Sordi, tra i promotori del comitato “Voglio nascere a Gorizia”, commenta la notizia dell’individuazione nel Pal (il Piano attuativo locale che costituisce lo strumento di programmazione dell’azienda sanitaria) della data del 28 febbraio come termine entro il quale procedere alla chiusura di almeno uno dei due punti nascita sul territorio provinciale (Gorizia o Monfalcone) entrambi non a norma per quanto riguarda, innanzitutto, il parametro del numero minimo di parti all’anno (almeno 500).

Lo stop scatterà per il reparto del capoluogo isontino visto che, a differenza di quello monfalconese, non rispetta neppure gli altri due parametri considerati indispensabili per consentire la prosecuzione dell’attività ovvero la presenza di una sala operatoria nel blocco parto e di una guardia pediatrica sulle 24 ore.

Nell’ottica aziendale, la riduzione da due a un Punto nascita costituisce una decisione definitiva a fronte della necessità di adeguarsi ai parametri di sicurezza e di intervenire sul bilancio vista la spending review , appena annunciata, che prevede un risparmio rispetto al budget 2013 di 13 milioni di euro sui servizi sanitari di Gorizia e provincia.

Nel Pal presentato alla Direzione centrale della salute si precisa l’intenzione di procedere con una chiusura, appunto, entro il 28 febbraio salvo valutazioni difformi da parte dell’amministrazione regionale che al momento risulta però aver approvato le linee di riorganizzazione presentate dall’azienda sanitaria.

Difficile attendersi, insomma, da qui al 28 febbraio, un dietro-front con una decisione politica da parte della Regione per bloccare la chiusura del reparto goriziano anche perché a quel punto la stessa Regione dovrebbe indicare come reperire delle risorse adeguate a consentire la sopravvivenza del servizio nel capoluogo isontino pur a fronte dei 13 milioni di risparmio imposti.

Nel Pal è stato indicato un lasso di tempo di oltre due mesi prima di procedere con la chiusura anche per dare modo di presentare eventuali controdeduzioni ma come detto, al momento, da Trieste non sono state sollevate eccezioni. Tra l’altro, si aprirebbe comunque il problema del personale, formato da medici e ostetriche, vista l’imminente scadenza di contratti a tempo determinato per i quali non è previsto il rinnovo. «Si tratta di una scelta irragionevole, inaccettabile, che va contro ogni logica di sostegno alle famiglie e al territorio – attacca Del Sordi – tanto più che prima di procedere alla chiusura, al di là di quello che potrà essere un’eventuale intervento della giunta regionale, la questione andrebbe discussa nella conferenza dei sindaci».

«Stiamo già valutando con le altre mamme del comitato iniziative forti – sottolinea Genj Furlan, presidente del comitato “Voglio nascere a Gorizia” – non staremo due mesi con le mani in mano ad aspettare la chiusura”. “Siamo stufi – afferma il consigliere comunale di Sel Livio Bianchini – non ne possiamo più di ordini del giorni, riunioni e mozioni se poi questi sono i risultati: Gorizia continua ad essere presa in giro. Adesso basta: io propongo di lanciare un segnale politico e se il punto nascita tra due mesi sarà chiuso allora sarà giusto che il consiglio comunale si dimetta in blocco».

Piero Tallandini

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