Il pugile Bucefalo tra dignità e libertà

La pièce sull’atleta ebreo verissima come un pugno allo stomaco

Bucefalo, come l’imponente cavallo di Alessandro Magno. Bucefalo, come un bue che soffia rabbia dalle narici tremanti sbattendo a terra uno zoccolo. Così era Lazzaro Anticoli a ventisette anni, un vero lottatore. Ma questo già lo si poteva intuire dalle risse in strada con gli amici, da ragazzetto: il rincorrersi felici tra il Trastevere e il ghetto come se superare i confini non fosse un pericolo, ma una semplice avventura pirata. Quei “li mortacci tua, se ti prendo!” gridati per gioco, sbandierando un pugnetto ancora piccolo ed esile, lo stesso che anni dopo avrebbe indossato i grandi guantoni della boxe. Anticoli ama tre cose nella vita: la boxe, Emma e i suoi complici d’infanzia. Ma è ebreo. È sua la storia che il Giovanni da Udine ha deciso di raccontare nell’ottica della rassegna “IeriOggi: Teatro. NOI generazioni in dialogo” il 26 gennaio scorso, a poche ore di distanza dalla giornata della Memoria. Scritto, diretto e interpretato da Alessio De Caprio Bucefalo, il pugilatore è un commovente spettacolo ravvicinato. Il pubblico, seduto sul palco, possiede una stretta e diretta relazione visiva col protagonista che, attraverso il sapore grezzo del romanesco, racconta la tragedia di un uomo in lotta con gli inganni e le fatiche della vita quotidiana. Una pièce di dignità e libertà: semplice, popolare e verissima come un pugno allo stomaco.

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