Il presidente Fiab: "Poche infrastrutture e sempre più ciclisti: il sistema così collassa"

UDINE. «Mancano le infrastrutture, ma allo stesso tempo il numero di ciclisti aumenta. È evidente che di fronte a questa situazione il sistema scricchioli». Paolo Attanasio, presidente della sezione udinese della Federazione italiana Amici della bicicletta, prende le difese della categoria, costretta a fare i conti con l’aumento degli incidenti che coinvolgono i ciclisti in Friuli Venezia Giulia.
«Il trend è negativo, non ci piove – commenta Attanasio –. Del resto la situazione è sotto gli occhi di tutti, toccata con mano ogni giorno nelle nostre città: andare in bici è sempre più comune, ma di certo con il passare degli anni per i ciclisti le condizioni non migliorano. Colpa di una carenza atavica di infrastrutture e della scarsa tutela di cui la categoria, al pari dei pedoni, gode».
Nel mirino anche la Polizia locale, «che dovrebbe far rispettare con maggior piglio le regole, senza paura di sanzionare i comportamenti illeciti, capaci di produrre danni agli utenti della strada più deboli. Le soluzioni per ridurre gli incidenti?
Ad esempio, non insistere sulle rotonde: per i ciclisti sono un autentico frullatore, pericolose da affrontare anche per la guida spavalda di tanti automobilisti con il piede pesante. Poi penso ad accorgimenti di facile adozione, come i semafori intelligenti, dotati di timer, agli incroci: permetterebbero attraversamenti più sicuri da parte di pedoni e ciclisti».
E le piste ciclabili? «Parliamoci chiaro: è impossibile pensare a città con un chilometro di pista per ogni chilometro di strada. Il modello Copenhagen, o gli esempi italiani di Pesaro e Bolzano, presuppongono anni di studio e milioni di investimento – spiega il presidente degli amanti delle biciclette del Friuli –.
Le amministrazioni dovrebbero adoperarsi per adottare misure come il senso contrario ciclabile, favorendo la fruizione delle strade da parte dei ciclisti: abbiamo elaborato un piano di diffusione della bici come mezzo di spostamento, che mira a portare al 15 per cento l’utilizzo dei velocipedi. Oggi la percentuale si ferma appena al 3,8 per cento, un dato che consideriamo largamente insufficiente».
Sullo sfondo c’è un duplice (che diventa triplice a Udine, con le comunali) appuntamento elettorale, che «può e deve essere sfruttato per ascoltare con maggior attenzione le esigenze dei ciclisti», spiega il presidente della Fiab udinese.
Un appello, insomma, a partiti e movimenti in vista delle elezioni politiche e regionali di marzo e maggio, quando il tema della mobilità ciclabile potrebbe essere sviscerato, anche alla ricerca di una fetta di consensi.
«Servono politiche che abbiano obiettivi chiari e decisi, che permettano di incoraggiare l’utilizzo della bicicletta. Sondaggi e statistiche parlano chiaro: ci sono migliaia se non milioni di ciclisti potenziali in Italia, che rinunciano però a inforcare il mezzo a due ruote perché ritengono a rischio la propria incolumità», indica ancora Attanasio.
Infine, una riflessione sul caschetto: «Noi come Fiab siamo contrari al fatto che il dispositivo diventi obbligatorio: può certamente costituire un aiuto a contenere i danni in caso di caduta, ma è anche vero che le ossa da proteggere sono tante».
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