«Il posto da ricercatore è già stato chiesto»

Il direttore di Lingue difende il corso di romeno a rischio chiusura: attira studenti da tutta Italia

«L’insegnamento del romeno è sempre stato un’eccellenza del corso di laurea in Lingue dell’università di Udine. Ancora un anno fa il consiglio di dipartimento, all’unanimità, ha approvato la richiesta di un posto da ricercatore». Il direttore del dipartimento di Lingue e letterature straniere (Dile), Sergio Cappello, è convinto che si può porre rimedio alla situazione critica del corso che rischia di venire meno perché non ha un titolare di cattedra. Gli insegnamenti vengono garantiti da un Filologo che lo fa gratuitamente e da un collaboratore a contratto pagato mille euro lordi a semestre.

La questione, diventata un caso nazionale, è finita anche nel mirino dell’Associazione italiana di romenistica che, già nel 2014, ha sollecitato il rettore a indire un concorso per ricercatore. Il caso preoccupa anche perché il rettore, nei giorni scorsi, ha riferito di aver affrontato la situazione nell’ambito del tavolo interateno con i colleghi di Trieste e Venezia Cà Pesaro. Il timore è che Udine possa perdere un’esperienza trentennale che ha dato lustro all’ateneo friulano. «Al dipartimento i punti organico sono stati assegnati ora spetta al Consiglio decidere come utilizzarli» replica il magnifico rettore, Alberto Felice De Toni, ricordando le difficoltà degli atenei ad assumere nuovo personale.

E il direttore Cappello ribadisce che il dipartimento «tiene al corso di romeno che assieme alle altre lingue dell’Europa dell’est rappresenta una specificità dell’università friulana. È un fattore di attrattività, è un parametro fondamentale per la valutazione dell’ateneo». Al corso, insiste Cappello, si iscrivono molti studenti provenienti da fuori regione proprio perché abbiamo il romeno. «Sono certo - insiste il direttore - che l’ateneo saprà fare una scelta lungimirante, non dimentichiamo che il dipartimento di Lingue si colloca ai primi posti in Italia».

Cappello non ne fa solo una questione di risorse: «Si tratta di avere l’intelligenza di investire sul futuro, il corso di romeno fa parte di un patrimonio che va preservato. Udine può collocarsi sul piano nazionale con un’offerta didattica che non ha paragone».

E per quanto riguarda il tavolo interateneo, il direttore del Dile resta convinto che «si tratta di fare una scelta coraggiosa in una posizione favorevole per lo sviluppo futuro dell’ateneo friulano. In caso contrario il declino è dietro l’angolo».

Istituito nel 1986 dall’allora rettore Roberto Gusmani e dal professore emerito Alexandru Niculescu, l’insegnamento di romeno, negli anni d’oro, registrava un centinaio di studenti l’anno. Al momento le iscrizioni al corso triennale si aggirano attorno alle 30 unità. Resta uno dei pochi attivati (il numero complessivo non supera la decina) su tutto il territorio nazionale.

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