Il perito: ecco perché avvenne la sciagura nell’acciaieria

Morì un operaio in Veneto. Progetti e manualistica nel mirino dell’analisi tecnica Coinvolti nell’inchiesta anche i vertici Danieli, ditta fornitrice del macchinario



Tre errori: di progettazione, di manutenzione, di manualistica. Ecco gli errori che, il 13 maggio scorso, avrebbero provocato la tragedia alle Acciaierie Venete costate la vita a un operaio, Sergiu Todita, mentre un collega è ancora vivo in condizioni gravissime.

È quanto emerge nella consulenza tecnica firmata dalla professoressa Giovina Marina La Vecchia, ordinario di Tecnologie metallurgiche dell’università di Brescia, e dal collega Giovanni Meneghetti, specialista del Dipartimento di Ingegneria industriale nel settore progettazione e costruzione di macchine dell’ateneo padovano, i tecnici incaricati di ricostruire l’incidente dalla procura padovana che sta indagando sul caso.

Una siviera con 90 tonnellate di acciaio fuso a oltre 1300 gradi si stacca dal carroponte, destinato a guidarla fino agli stampi: l’equilibrio di quel contenitore era garantito da un bilancino.

Uno dei perni che regge la siviera si è improvvisamente rotto e gli schizzi bollenti investono i lavoratori. Il bilancino (l’accessorio impiegato per il sollevamento della siviera) è un esemplare unico fornito dalla ditta friulana Danieli.

«La rottura del perno pivottante che ha causato il rovesciamento della siviera è imputabile a un fenomeno di fatica innescato alla radice della filettatura trapezia. La morfologia della sezione di frattura evidenzia una componente di sollecitazione flessionale sovrapposta a quella assiale di progetto dovuta al carico sollevato». Traduzione: il perno e l’insieme dei suoi componenti – è la conclusione degli esperti – sarebbero stati sottoposti a carichi (o sforzi) diversi rispetto a quelli per i quali erano stati progettati e costruiti: carichi flessionali e non solo assiali. Carichi che hanno provocato la rottura del perno, dopo tre anni di utilizzo, dovuta a un mancato “gioco” dell’insieme dei componenti e alla carenza di elementi anti-attrito.

«Si ritiene che esista un errore di progettazione dell’insieme perno pivottante, ghiera (un anello filettato), traversino, selle» si legge. Insomma era necessario tenere conto di certi sforzi ai quali sarebbe stato sottoposto il sistema formato dal perno e dai suoi componenti. «Le prove hanno dimostrato che se la sollecitazione dovuta al carico sollevato di progetto fosse stata puramente assiale, il perno non si sarebbe rotto dopo tre anni di utilizzo». In più «nel fascicolo tecnico non ci sono verifiche di resistenza a fatica».

Sotto accusa è la manutenzione svolta da parte di Acciaierie – secondo gli esperti – con modalità diverse da quelle previste nelle istruzioni di manutenzione Danieli. L’ultimo controllo era avvenuto ad aprile. Proprio nelle istruzioni il perito ha riscontrato «la mancanza di prescrizioni di controlli non distruttivi mediante liquidi penetranti che sicuramente avrebbero consentito di rilevare facilmente difetti affioranti in superficie nel corso dell’ultima manutenzione straordinaria del dicembre 2017». Il manuale avrebbe dovuto prevedere una verifica con liquidi in grado di mettere in luce segni di affaticamento (usura).

Sotto inchiesta per omicidio e lesioni colpose gravissime, oltreché per violazioni di una serie di norme in materia di sicurezza sul lavoro, sono finiti in sette: Alessandro Banzato, amministratore delegato e presidente di Acciaierie Venete; Giorgio Zuccaro, direttore dello stabilimento; Vito Nicola Plasmati, amministratore delegato di Hayama Techservice di Fagagna (Udine) che ha in appalto le manutenzioni; Giampietro Benedetti, presidente di Danieli, Giacomo Mareschi Danieli e Alessandro Trivillin, consiglieri di Danieli, Dario Fabbro legale rappresentante di Danieli(il penalista udinese Maurizio Miculan). Danieli è la ditta di ditta di Buttrio (Udine) che ha costruito il perno al quale era assicurata la siviera . —

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