Il Pd spinge Antonella Grim verso le dimissioni

UDINE. La sala della storica sede udinese del Pd, in via Joppi, è stata prenotata per 5 ore, dalle 15 alle 20. E non è detto che sia un tempo sufficiente per districare la matassa.
L’assemblea dem (previsti un’ottantina di partecipanti, e una ventina di interventi) è a un bivio tra rimozione e autocritica, tra dimissioni e continuità. La botta del referendum costituzionale bocciato dagli elettori è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Perchè prima, in Friuli Venezia Giulia, ci sono state le sconfitte alle amministrative di primavera, con la riconsegna al centrodestra di città importanti come Trieste e Pordenone, e tra ottobre e novembre c’è stato il “cappotto” a Nimis, Ronchi dei Legionari, Codroipo e Monfalcone.
E aver ceduto la città dei cantieri in quel modo (62% alla candidata leghista oggi sindaca Anna Maria Cisint) per il Pd è ancora una ferita che sanguina. E’ chiaro dunque che qualcosa, oggi, dovrà accadere, al termine di quelli che si prevedono 300 minuti di acceso dibattito.
L’ipotesi che si è fatta strada ieri, maturata dopo una lunga riflessione e forse anche un tormento interiore, è quella di un passo indietro della segretaria regionale Antonella Grim. Suo e di tutta la segreteria, perchè Grim è decisa a non pagare da sola per tutti, a non fare da capro espiatorio.
Anzi lei proverà a “resistere” fino all’ultimo. Ma ormai pare chiaro che le pressioni, sull’ex assessore della giunta Cosolini a Trieste, saranno così forti da farle cedere l’incarico. Tre anni vissuti all’ombra della presidente Debora Serracchiani, le imputano i detrattori interni.
Serracchiani che in questi giorni non ha speso una parola a difesa della segretaria e che forse auspica un segnale di discontinuità. Ma la situazione è ancora magmatica e non è detto che vi siano colpi di scena dell’ultimo momento. E tra l’altro pare che non tutti siano concordi nel chiedere la testa della Grim.
Il più contrario a far precipitare le cose sarebbe un uomo che conta, a Roma e a Trieste, cioè il capogruppo a Montecitorio Ettore Rosato. Stamattina, comunque, c’è un incontro tra esponenti renziani, dove si definiranno gli ultimi dettagli.
Dove si appronterà il piano di battaglia per rintuzzare gli attacchi degli avversari interni, che sono tanti e agguerriti.
Si ritroveranno, in mattinata, prima dell’assemblea, anche i consiglieri regionali. Già perchè la discussione non sarà solo sul futuro di Antonella Grim, ma soprattutto sul destino della Regione. Con un nodo principale da sciogliere già in tempi brevi, cioè la candidatura o meno di Serracchiani per un secondo mandato.
Più di qualcuno, a Roma e in Friuli, teme (o spera, a seconda dei punti di vista) che la legislatura possa finire presto e che si possa andare alle urne tra pochi mesi, a primavera 2017. Se Serracchiani dovesse candidarsi per Camera o Senato, si aprirebbe immediatamente anche la partita regionale.
E c’è già chi, come il senatore triestino Francesco Russo, mette i paletti sull’identikit dell’eventuale successore della presidente.
«Candidare un componente dell’attuale giunta regionale - taglia corto Russo - non sarebbe un segnale positivo per la gente. Abbiamo fatto riforme importanti come le Uti e la sanità, ma credo che vadano spiegate. E finora, visti i risultati alle urne, non siamo stati capaci di farlo. Perchè le critiche più forti all’operato del Pd, nei Comuni dove abbiamo perso, sono proprio per queste due leggi».
Frasi, quelle del senatore, che non faranno certo piacere al vice presidente Sergio Bolzonello, che qualche ambizione di guidare il Fvg la coltiva eccome. Russo interverrà in assemblea, ma non ha pronto alcun documento.
«Ribadirò con molta pacatezza - racconta - le cose che ho già detto in questi giorni. Negli ultimi mesi sono avvenuti fatti importanti e i cittadini ci hanno inviato segnali inequivocabili, che non possiamo ignorare. Quindi in assemblea non potremo far finta di niente, nè rimandare scelte interne urgenti. Non c’è la volontà di punire qualcuno, ma un segnale serve, perchè il nuovo gruppo dirigente dovrà ascoltare la base, i territori, più di quanto abbia fatto fino ad ora. Se Antonella Grim farà un passo indietro è ciò che i nostri eletti e i nostri iscritti si aspettano, perchè la discontinuità è doverosa. Lo hanno fatto Renzi e prima di lui Cameron, non vedo drammi. Ma non possiamo continuare a vivacchiare, nè a rimpallarci piccoli giochi per tenere un equilibrio. Piuttosto dovremo fare autocritica per evitare di regalare la Regione al centrodestra o al Movimento Cinque Stelle per la nostra incapacità di ascoltare».
Che il fronte sia “caldo” lo conferma anche Mauro Travanut, piddino dissidente della prima ora e fiero vincitore al referendum di domenica «perchè io - dice - ho fatto campagna per il No e sulla Costituzione non c’è alcuna direttiva di partito che me lo vietava».
«L’assemblea non dovrà soffocare il malumore - aggiunge - nè concludersi in un nulla di fatto, come avvenuto a livello nazionale. Io, nei confronti dell’attuale dirigenza, non sono stato nè duro, nè tenero, sono stato logico. Perchè con i miei occhi cerco di vedere ciò che il reale ci ha consegnato. E i dati delle elezioni nei Comuni parlano chiaro e sono impietosi. Abbiamo perduto Monfalcone e Ronchi dei Legionari, per non parlare delle sconfitte di primavera. Il quadro è fosco. A chi addebitarlo? Non certo alla segretaria Grim, ma alla presidente Serracchiani in persona. Deve andarsene tutta la segreteria? Io non pretendo nulla, e non è un problema di persone. Ma è l’indirizzo politico di fondo che non va. Il Pd non è il Consiglio di amministrazione di un’azienda. Invece in questi anni l’impostazione è stata tutta incentrata a stabilire la forza di chi comandava e la debolezza, presunta, di chi stava all’opposizione. Piuttosto è necessario riadattare la rappresentanza di tutti i pensieri e poi fare sintesi».
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