Il nome di Licio Damiani nel famedio di Udine: «Ha raccontato il bello di arte e cultura»
Lo storico Gilberto Ganzer: «Era capace di riflessioni leggere e rigorose senza restare vittima del suo ruolo di critico»

Il nome del «poeta dell’arte» Licio Damiani, da ieri, è insieme con quelli dei benemeriti della città nel famedio del cimitero di San Vito.
A poco più di cinque mesi dalla scomparsa, l’amministrazione comunale ha voluto celebrare così la figura del giornalista, critico d’arte e narratore del Friuli e della Venezia Giulia, promuovendo una cerimonia a cui hanno partecipato i famigliari più stretti, gli amici, i colleghi.
«Siamo qui in tanti perché Damiani ha lasciato una traccia profonda. È stata una persona generosa e buona», ha esordito l’assessore Fabrizio Cigolot, intervenuto insieme alla collega Elisabetta Marioni, al sindaco Pietro Fontanini, e all’assessore di Tavagnacco Ornella Comuzzo.
«Oggi – ha commentato Fontanini – celebriamo un illustre cittadino di Udine, originario dell’Istria, ma capace di inserirsi benissimo a Udine, contribuendo a valorizzare tante persone dal punto di vista artistico.
Un uomo positivo che ha elevato la cultura cittadina, e per questo abbiamo inteso restasse impresso nel famedio a ricordo di quanto fatto nel corso della sua esistenza».
Insieme alla moglie Annamaria Verbi e ai figli Stefano e Sabina, hanno voluto partecipare con i labari i rappresentanti delle associazioni degli esuli e dei laringectomizzati.
È toccato al professor Marco Piemonte raccontare come Damiani sia stato un riferimento non solo per il mondo culturale, ma anche per chi ha subito l’asportazione della laringe: «Nonostante il sacrificio di dover rinunciare a uno strumento fondamentale per chi faceva il suo lavoro, non l’ho mai sentito lamentarsi o imprecare per la malattia.
Ha saputo reagire e sostituire la voce con la scrittura. Una testimonianza di come sia possibile reinventarsi dopo momenti difficili», ha chiarito Piemonte.
Per lo storico Gilberto Ganzer «Licio era capace di riflessioni sull’arte e sulla cultura senza restare vittima del suo ruolo di critico.
Il suo agire è sempre stato caratterizzato da leggerezza e rigore. Lo ricorderemo per i suoi insegnamenti e per i valori di cui è stato portatore, che continuano a essere tramandati grazie ai suoi scritti».
Durante la cerimonia non sono mancati i momenti di commozione, ma anche di allegria, nel ricordare la vivacità e lo humour di Damiani.
E se Elio Varutti si è soffermato sulla capacità di Licio di «trasmette la bellezza dell’arte del Friuli e della Venezia Giulia», il figlio Stefano, dopo aver ringraziato il Comune per la sensibilità dimostrata nei confronti della sua famiglia, ha chiuso così: «Sarebbe contento di questo momento: gli piaceva essere apprezzato. Non tanto per vanto, quanto per bisogno di affetto.»
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