«Il mio dissesto colpa della banca». Esposto in Procura e striscione

Immaginiamo un bagnante cui venga tolto all’improvviso il salvagente. Lui sa nuotare e potrebbe farlo anche senza alcun aiuto: ma una cosa è galleggiare a riva, un’altra in mare aperto. E cioè tra le onde agitate della concorrenza, se il paragone è cucito addosso a un piccolo imprenditore di provincia rimasto, dall’oggi al domani, senza più fidi bancari.
A sette anni di distanza dalla sua débâcle finanziaria, Angiolino Pellizzari non dimentica e non perdona. E, in una crociata giudiziaria rivelatasi finora a lui piuttosto avversa, rilancia a suon di esposti e striscioni: il primo depositato nei giorni scorsi alla Procura della Repubblica di Udine, il secondo appeso più o meno in contemporanea al balcone dei suoi uffici, in viale Palmanova, sopra il bar “Arcobaleno”.
Differenti nei toni, ma non nella sostanza, parlano entrambi della storia della sua ditta, la Elettrocasa snc con sede legale a Villa Santina, messa in ginocchio da una serie di circostanze sfortunate e, incalza lui, dalle scelte dell’istituto di credito di cui era correntista e dal «disinteresse e l’apatia» della politica regionale.
Nessun segreto sui nomi, avendoli messi alla berlina con tanto di pennarello rosso. Ma neppure nessuna condanna a prescindere, visto che spetta alla magistratura decidere se dare seguito alla segnalazione e disporre accertamenti sul caso.
L’istituto è l’allora Banca di Carnia e Gemonese credito cooperativo di Tolmezzo. Cliente dal 1975, nel 2012 Pellizzari si vede dapprima revocare tutti gli affidamenti e, dopo un tentativo di modifica delle condizioni contrattuali, anche i due contratti di mutuo chirografario, «le cui rate – precisa nell’esposto – erano state sempre regolarmente pagate», con intimazione di rientro immediato della somma residuale.
A dicembre, il colpo di grazia, con l’iscrizione a sofferenza della ditta, la notifica di una serie di decreti ingiuntivi a società, soci e garanti e la segnalazione alla Centrale rischi. Senza contare l’ulteriore revoca delle linee di credito alle altre società di cui Pellizzari faceva parte.
A peggiorare la situazione, in quello stesso periodo, è il mancato pagamento di lavori per circa 250 mila euro che la Elettrocasa aveva realizzato in subappalto nell’ambito della realizzazione di una sala polivalente di Forni di Sopra. Pur in assenza delle quietanze delle fatture dei subappaltatori richieste per legge, il Comune aveva continuato a pagare il Consorzio affidatario di Bologna, Cipea/Unifica.
Il caso era stato sollevato anche dall’allora consigliere regionale Rodolfo Ziberna con un’interrogazione al governatore Debora Serracchiani. «Senza liquidità e garanzie – spiega Pellizzari – divenne impossibile partecipare a gare pubbliche, il matrimonio entrò in crisi, operai e impiegati si dimisero».
Il risultato? «Una situazione di dissesto economico, causato – e questo è il punto – non da un mio debito e dalla conseguente azione di recupero, bensì dalle iniziative adottate dall’ente di credito». Peraltro, a fronte di «un compendio immobiliare di quasi 500 mila euro». Pellizzari è assistito dall’avvocato Francesco Longo.
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