Il Friuli ha detto addioa Novella Cantarutti

È stata sepolta nella tomba di famiglia di Spilimbergo, in un duomo stipato di gente, Novella Cantarutti, una delle voci più limpide del Friuli, sempre capace di ridare alla storia e alle tradizioni una tensione morale che le ricollegava a un presente con il quale lei non cessava mai di confrontarsi.
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SPILIMBERGO.
«
La gent da la grava ingenoglada in Domo, là che i arcs a’ son ali’ di ànzai granc’ e i sans flurîs in coru intôr l’altâr à vèglin tuna lûs verda di aga
». La gente di Spilimbergo, la gente di Navarons, la gente di quel Friuli, che in tante poesie aveva cantato con profonda dolcezza, ieri era lì, nella chiesa antica che aveva stupito quella bambina curiosa del mondo conquistandola con il mistero della fede e dei suoi simboli (il San Cristoforo, il Crocifisso, gli angeli degli affreschi).


Eravamo tutti lì per dare a Novella Cantarutti un immenso abbraccio nell’intimità di una preghiera,
cencia sunsûr
, con austera semplicità, «perché la morte è una cosa seria» come diceva la signora Cristina, la minuscola e invincibile maestra di Guareschi. Già, la maestra. Novella, spentasi domenica a 89 anni, è stata una maestra per generazioni di friulani: nelle scuole, medie prima e superiori dopo, nella Filologica, nella ricerca storica ed etnografica, in quel fecondo percorso poetico luminoso, originale, essenziale e profondo che Pasolini e Montale ammiravano. Ma anche una maestra nella vita di ogni giorno, nella rigenerante e intima atmosfera familiare, fra gli adorati nipoti e pronipoti, la sua personalissima fonte di energia.


La Maestra ieri è tornata per l’ultima volta nell’amato Duomo di Spilimbergo, accolta sì da tante autorità, istituzionali, scolastiche e culturali della regione, ma soprattutto dalla gente comune, da chi la conosceva e le ha voluto bene, da chi parla il suo orgoglioso friulano di Navarons, dagli scolari di ieri e di oggi, dal mondo del teatro, della musica (ha cantato la messa il coro Tomat) e del folclore (c’era il Gruppo folcloristico di Pasian di Prato nei costumi che lei aveva contribuito a creare). In questo senso – anche se certo non le piacerebbe il termine! – Novella Cantarutti era e rimane una straordinaria e singolare icona friulana, un riferimento buono e gentile, esempio di donna di raffinata intelligenza, profondamente innamorata della vita e delle generazioni di giovani che hanno avuto la fortuna di averla come insegnante (un ruolo che ha sempre considerato come una nobilissima missione). Era donna che privilegiava il sentimento che si fa parola e verso, ricca di una curiosità insaziabile di fronte al nuovo e ad una storia che significa radici e identità, così come l’uso della lingua del focolare come viscerale, autentico e originale mezzo di espressione.


Ma prima di tutto, come ha ricordato nella splendida omelia il parroco don Natale Padovese (che ha presieduto il rito del commiato), Novella era una persona che affrontava il senso del morire con una fede serena, con fiducia e dolce abbandono nelle mani del Padre. Questo tratto, forse più di ogni altro, dà il senso della serena operosità della Cantarutti, del suo indagare l’esistenza con rispettosa perseveranza, con un afflato poetico dove la dolcezza alla fine è forza, dove il silenzio del mondo e dei suoi dolori si fa parola e suono, dove il verso dona nuova dignità e altri sogni antichi ad ogni uomo.


Di tutto questo sono debitori a questa anima bella e profonda i friulani di ieri e di oggi. Non ci sarà un’altra Cantarutti, ma c’è una strada ben tracciata nella poesia della sua vita: ecco la vera e unica eredità che ci lascia, quella che riconduce alle radici e alla storia di una
gent
, fatta di tradizione, fede e lingua. E alla fine, mentre Novella varca
il portone della vecchia casa
, verso
chel atri nassi
, una voce in mezzo alla musica e alle lacrime scandisce, come un rosario della memoria più sacra, i versi del grato arrivederci:
La gent da la grava ingenoglada in Domo...

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