Il Friuli dei misteri e dei riti ancestrali
Il documentario di Morandini, “La trama e l’intreccio”, si ispira all’antropologo Holmes. Sguardo inedito sulle Valli

TARCENTO. L’antropologo americano Douglas R. Holmes, riflettendo qualche anno fa sui risultati di una sua ricerca nel cividalese, scriveva intorno al «carattere ingannevole» del Friuli e della necessità e difficoltà, nello stesso tempo, di formulare corretti interrogativi antropologici per coglierne la natura.
Elementi fondativi della specificità del Friuli derivano, com’è noto, dalla collocazione laterale e di confine; ma all’interno del contesto friulano si danno a loro volta aree di ulteriore marginalità e compenetrazione sul fronte dei confini culturali, linguistici, etnici, religiosi. Sono i terreni d’indagine di maggior interesse, dove maturano gli interrogativi antropologici e dove la ricerca, di fronte al tema delle minoranze nella minoranza, incrocia le questioni sostanziali in termini di specificità e dinamica culturale.
Da alcuni anni Stefano Morandini ha scelto come campo della sua ricerca etnografica i paesi alti della fascia che va dalla valle del Torre, sotto i Musi e sopra Tarcento, all’alta valle del Cornappo fino a quella del Chiarò che sbocca a Torreano di Cividale: campo fra i meno indagati in regione sia dagli etnologi italiani che sloveni, e tuttavia area di straordinario interesse per l’indagine sui processi di trasformazione, abbandono o preservazione delle appartenenze tradizionali.
Non solo confini linguistici. Come afferma in un passaggio del video pre Rizieri De Tina dal suo osservatorio privilegiato di Nimis, anche il confine fra la religiosità occidentale e quella orientale attraversa questi paesi (non a caso distinti spesso al proprio interno in borgate ‘di qua’ e ‘di là’, ‘di sopra’ e ‘di sotto’) e ne segna il carattere. Marginalità, conservatività e mobilità. Proprio qui, cinquant’anni fa, Merkú raccolse il testo religioso di pellegrinaggio piú antico documentato in Friuli, cantato dai fedeli che processionavano anche da questi paesi, prima della Riforma protestante, verso la tomba dei Magi ad Aquisgrana.
L’intenso e lungo periodo di ricerca, approfittando di una preparazione specifica nel settore dell’antropologia visuale, viene ora condensato da Stefano Morandini nel pregevole documentario etnografico che sarà presentato stasera, alle 20.30, in anteprima all’auditorium delle scuole elementari di Tarcento. La metafora tessile utilizzata per il titolo – La trama e l’intreccio – indica bene la complessità dei temi e della documentazione coinvolta.
Nata quando anche nei valichi secondari di quest’area del Friuli (Tanamea, Ponte Vittorio, Rebetischis) cadevano le sbarre del confine politico-amministrativo fra Italia e Slovenia, la trama interpretativa della ricerca è data dalle identità comunitarie che per secoli hanno giocato la delicata partita della collocazione «a cavallo dei confini»; l’intreccio è fornito invece dalle testimonianze etnografiche di vita quotidiana che documentano i processi di trasformazione dell’antico ordine agro-pastorale, fino allo scivolamento a valle e allo spopolamento, riflesso nei sistemi residui di oggetti e arredi, ma anche dalla dimensione complessa di un plurilinguismo segnato dalla riduzione areale del tersko, e soprattutto dalla vitalità di rituali comunitari che resistono alla presenza insidiosa del “folklore di consumo”.
L’intreccio è reso piú colorato dal montaggio combinato di testimonianze orali e di inedite fonti iconografiche, come i filmini amatoriali e le audiocassette (“lettere sonore”) che nascevano nel contesto della comunicazione con gli emigranti. Presentazione dei problemi e riflessione sulla storia stessa della ricerca si intrecciano. Il racconto dei pochi etnologi che per primi hanno tentato in questi paesi una raccolta sistematica di documenti della tradizione orale (Milko Maticetov e Pavle Merkú, soprattutto) incrocia i resoconti di caldi dialoghi con preti e amministratori locali che non mollano in tema di orgoglio d’appartenenza e non si lascino sedurre dal suicida neo-nazionalismo antisloveno e con personalità forti che non hanno accettato che il «mondo di prima» finisse in discarica e hanno invece raccolto e salvato testimonianze preziose di cultura materiale.
Scaturiscono da sé, dal gioco intelligente del montaggio, gli interrogativi antropologici che Holmes invocava due o tre decenni fa.
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