Il forte sul monte Bernadia svela i suoi luoghi segreti

Grazie alla mostra, “1911/1914 dalle sabbie della Libia alla prima guerra mondiale” è possibile la visita alla struttura anche internamente
Nimis 12 ottobre 2014 Inaugurazione del forte Bernadia. Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone
Nimis 12 ottobre 2014 Inaugurazione del forte Bernadia. Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone

TARCENTO. Avvolto in una foschia suggestiva, tipica delle prime giornate autunnali, il forte del monte Bernadia si è presentato in tutta la sua imponenza ai tanti visitatori che ieri mattina si sono dati appuntamento sul piazzale dell’edificio fortificato. Grazie alla mostra, “1911/1914 dalle sabbie della Libia alla prima guerra mondiale” era infatti possibile la visita alla struttura anche internamente dopo anni di chiusura: 50 metri di facciata lineare per 30 di profondità, disposto su tre livelli, studiato nei minimi particolari dal punto di vista architettonico, inespugnabile e autonomo, il fortino al suo interno è in ottime condizioni.

Il lavoro di ristrutturazione messo a punto dagli architetti Battaino e Amerio è riuscito a esaltarne le caratteristiche senza modificarne storia e tradizione. Nel seminterrato si trova la polveriera, forse la zona più suggestiva della struttura, costruita per lo più con l’utilizzo di mattoni, adibita allo stoccaggio delle armi da guerra.

Il materiale veniva trasportato fino al primo piano e alle torri, dove erano presenti 4 cannoni, con metodi di trasporto quali carrucole e tunnel appositi. Il primo piano, invece, ospitava gli alloggi delle truppe: gli alti soffitti a volta permettevano l’installazione di letti a castello per la sistemazione di un alto numero di uomini, mentre le sale comando erano posizionate negli angoli.

Al piano superiore ci sono le 4 torrette che ospitavano cannoni girevoli, utilizzati anche dalla marina, che però da questo forte non hanno mai sparato. Le torrette sono state coperte con cupole, al cui interno però sono state lasciate appositamente le feritoie che permettono al visitatore di avere un’idea di che cosa potesse vedere dal suo interno il soldato addetto allo sparo.

I due architetti sono stati abili nel recupero della struttura poiché sono riusciti a mantenere integre alcune caratteristiche che la rendevano sostenibile: il recupero e la depurazione tramite sabbia e carbone dell’acqua piovana, usata dai soldati per le necessità quotidiane, e che ora viene utilizzata per il funzionamento dei bagni; il metodo di aerazione costituito da tubi studiato appositamente per la fuoriuscita dei fumi dopo lo sparo del cannone; e infine la decisione di non reinserire parte del ferro presente sulla facciata della struttura, saccheggiato dalle stesse truppe, insieme ai cannoni.

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