Il figlio morì nell’incidente stradale, madre patteggia

Pavia di Udine, c’era lei alla guida dell’auto: applicati 1 anno e 8 mesi. L’altra conducente è stata assolta
Udineo 08 Febbraio 2012 tribunale Copyright PFP/TURCO
Udineo 08 Febbraio 2012 tribunale Copyright PFP/TURCO

PAVIA DI UDINE. Dalla tragedia di avere perso il proprio bambino, nell’incidente stradale in cui a guidare l’auto uscita di strada era proprio lei, alla scelta di patteggiare la pena che la legge impone comunque di infliggere, anche quando a rispondere dell’accusa di omicidio stradale è una madre distrutta dal dolore. Il calvario giudiziario di Sofia Solayne Noboa Feliz, 33 anni, originaria della Repubblica Dominicana e residente a Pavia di Udine, si è concluso ieri, davanti al gup del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro, che ha applicato la pena di un anno e otto mesi di reclusione (sospesa con la condizionale), proposta dal difensore, avvocato Michele Coceani, con il consenso del pm Claudia Finocchiaro.

L’incidente risale alla mattina del 26 ottobre 2016, quando la Citroen C2 condotta dalla Noboa e in viaggio lungo la provinciale 2 di Percoto, in direzione di Pavia di Udine, uscendo da una leggera curva sulla destra invase la corsia opposta, scontrandosi con una Nissan Qashqai guidata da Patrizia Cussigh, 51, pure del posto, e che in quel momento stava arrivando in senso contrario. La corsa della prima vettura finì in un fossato e nell’impatto il figlio Federico, di 4 anni, riportò lesioni traumatiche così gravi, da spirare poco dopo l’arrivo in ospedale. La Nissan si girò su stessa e si fermò ai lati della sede stradale. Entrambe le conducenti furono trasportate a loro volta dal 118 in ospedale in condizioni serie.

Nella ricostruzione accusatoria, la Procura aveva contestato un concorso di colpa anche alla Cussigh, per avere tenuto una velocità di 10 chilometri orari superiore al limite massimo di 50, in presenza peraltro di fondo stradale bagnato e in prossimità di una curva. Assistita dagli avvocati Gabriele a Anna Agrizzi, la donna aveva chiesto di essere processata con rito abbreviato, condizionato alle consulenze tecniche dell’ingegner Carlo Pascolo e del medico legale Vincenzo De Leo. La difesa ha così dimostrato l’assenza del nesso di causa tra la velocità e il decesso del bambino e concluso per l’assoluzione della propria assistita. Richiesta sostenuta anche dal pm e accolta dal giudice, con la formula «per non aver commesso il fatto».

Dal canto suo, l’avvocato Coceani era invece riuscito a dimostrare come il piccolo Federico fosse stato correttamente legato dalla madre con la cintura di sicurezza e sciolto soltanto all’arrivo dei soccorritori. Il papà del bambino era rappresentato in aula dall’avvocato Pierenrico Scalettaris.

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