Il figlio dei Burgato sull’ergastolo: «Giustizia è fatta, ma solo a metà»

Lignano, l’avvocato di Michele commenta la condanna per il duplice omicidio della coppia di commercianti. «Resta l’amaro in bocca per la fuga a Cuba di Reiver». Il procuratore: premiato il lavoro degli inquirenti

LIGNANO. «Questo brutto capitolo si chiude nel modo migliore che potevamo sperare in ambito giudiziario. Tuttavia, rimane l’amaro in bocca per come sono andate le cose per il fratello, colpevole quanto lei per entrambi i delitti: con la fuga a Cuba è riuscito a sottrarsi alla giustizia italiana».

La voce è quella dell’avvocato Stefano Trabalza, ma il suo commento riassume l’indicibile sofferenza provata in tutti questi anni da Michele Burgato, il figlio della coppia di commercianti trucidata a Lignano la notte del 19 agosto 2012, nella villa di via Annia dove abitava.

Il giorno dopo la conferma in Cassazione dell’ergastolo inflitto a Lisandra Aguila Rico, 24 anni, cubana, per il duplice omicidio di Rosetta Sostero, 65 anni, e Paolo Burgato, 69, la voglia di parlare è poca.

«Siamo soddisfatti che la Corte abbia riconosciuto la validità e la correttezza della sentenza di appello – si limita ad aggiungere Trabalza, legale di parte civile insieme alla collega Maria Cristina Clementi, nominata invece dai fratelli Vinicio e Bruno Sostero –. Sentenza con cui il collegio di Trieste, del resto, aveva a sua volta confermato la condanna pronunciata in primo grado dal gup Roberto Venditti e che lo stesso procuratore generale ha trovato minuziosamente motivata, anche in ordine all’aggravante di avere agito con crudeltà».

Già, la crudeltà. Era stato proprio questo uno dei due assi portanti del ricorso presentato agli ermellini dal difensore di Lisandra, avvocato Carlo Serbelloni, che, nel tentativo di ottenere l’esclusione dell’aggravante, aveva ricordato come i fratelli avessero teso l’agguato in villa al solo scopo di rapinare la coppia, sostenendo poi come, non riuscendovi, «nella concitazione del momento fossero partite numerose coltellate. È successo, cioè, ciò che era prevedibile, in relazione agli strumenti che avevano con sè». Il difensore aveva insistito anche sull’assenza di prove che a uccidere materialmente fosse stata proprio lei.

Rinchiusa nel carcere della Giudecca, a Venezia, Lisandra ancora non conosce l’esito del processo. Il legale andrà a farle visita nei prossimi giorni e, nel frattempo, non potendole parlare al telefono, la informerà attraverso un telegramma.

«È preparata al peggio», aveva riferito ieri Serbelloni. In cella dal settembre del 2012, quando il pool di carabinieri coordinato dal pm Claudia Danelon la arrestò a Salerno, dove si era recata subito dopo la mattanza, Lisandra ci resterà almeno per i prossimi 21/26 anni (sottratti quelli già scontati).

Poi, anche per lei scatterà la possibilità di accedere alla liberazione condizionale. Potrà, cioè, chiedere al magistrato di sorveglianza di beneficiare del provvedimento di sospensione della pena detentiva.

Beneficio che la cubana dovrà naturalmente dimostrare di essersi meritata e che le sarà concesso, quindi, soltanto a fronte della verifica del percorso di rieducazione condotto in carcere.

A esprimere soddisfazione è anche il procuratore Antonio De Nicolo. «Il lavoro egregio degli investigatori – ha detto – si riflette nella bontà del risultato giudiziario. Quanto a Reiver, finchè non interverranno modifiche all’unica norma vigente in materia di estradizione tra Cuba e l’Italia, ossia la Convenzione internazionale sottoscritta all’Avana nel 1928, temo che non potremo in alcun modo pensare di farlo partecipare al suo processo a Udine».

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