Il farmaco anti-Ebola sarà somministrato a due pazienti di Udine

Il Comitato etico regionale ha dato il via libera al suo utilizzo. Si chiama remdesivir ed è stato proposto per i casi più gravi

UDINE. La speranza contro Covid-19 si chiama remdesivir, uno dei pochi farmaci per cui al momento sussista un’evidenza sperimentale di efficacia, quantomeno in modelli di laboratorio, nei confronti dei coronavirus. E a crederci, somministrandolo ai pazienti più gravi, è anche l’ospedale di Udine.

Il via libera all’«uso compassionevole» - e non terapeutico, mancando ancora la relativa approvazione - del remdesivir è arrivato dal presidente del Comitato etico unico regionale, il cardiologo friulano Claudio Fresco.

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15/02/2020 Chengdu. Sichuan International Travel Health Care Center, dallo scoppio della nuova polmonite da coronavirus, la rilevazione di acido nucleico per i viaggiatori in entrata e in uscita è diventata il compito principale del laboratorio. Quindici professionisti hanno formato un "team di commando anti-epidemia" che lavora ogni giorno per garantire che i campioni siano testati tempestivamente.

Che, esaminata con procedura d’urgenza la richiesta presentata dal responsabile della Clinica malattie infettive del Santa Maria della Misericordia, insieme agli altri 24 componenti del Comitato ha espresso parere favorevole al trattamento.

Due, per ora, i pazienti sottoposti al programma, entrambi intubati - l’unica condizione, peraltro, che al momento consenta il ricorso al farmaco -, ma nulla esclude che altri possano aggiungersi, anche tra quelli ricoverati nelle altre strutture della regione, considerato il giudizio di «congruità etica e scientifica» con cui le rispettive domande sono state accolte. E se gli effetti saranno positivi - se, cioè, l’approccio terapeutico si rivelerà valido -, non tarderanno a manifestarsi.

Finora, remdesivir è stato testato in vitro e in vivo (su animali) contro i virus di Ebola, Marburg (febbre emorragica), Mers (sindrome respiratoria mediorentiale) e Sars (sindrome respiratoria acuta grave). Secondo gli specialisti, la sua molecola potrebbe essere in grado di bloccare la replicazione del coronavirus, dando un segnale di «fine catena».

Non a caso, i test sulla sua efficacia e sicurezza nella cura dei malati colpiti da Covid-19 sono già cominciati e tra i Paesi coinvolti nella sperimentazione - hanno fatto sapere qualche giorno fa l’Agenzia italiana del farmaco e Gilead Sciences - c’è anche l’Italia.

Intanto, sul tavolo del Comitato etico cominciano ad arrivare anche protocolli di studio a loro volta legati all’emergenza epidemiologica in atto. Uno, elaborato dai medici della Pneumologia del “Cattinara” di Trieste, capofila di un “team” che raccoglie diversi altri colleghi italiani, punta a ridurre la percentuale dei pazienti costretti alla ventilazione meccanica.

E altri due protocolli sono attesi dal reparto Malattie infettive di Udine. Per tutte le richieste, «adotteremo la via più rapida possibile», assicura il presidente Fresco, spiegando come il Comitato abbia «disegnato un percorso speciale per tutto quel che attiene Covid-19, volto a ridurre al minimo i tempi tecnici di approvazione».

Prova ne siano le domande sugli «usi compassionevoli»: esaminate e votate ieri senza aspettare la riunione bisettimanale. —
 

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