Il disastro ha cambiato la geografia di due valli

Da quel 29 agosto 2003 i Comuni colpiti dall’alluvione non sono più gli stessi. Tante le opere realizzate che però non hanno offerto occasioni di crescita
ANTEPRIMA UGOVIZZA (UD) 6 settembre 2003. MALTEMPO IN FRIULI. Si riparano i danni provocati dalle frane di venerdi' scorso TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA www anteprimafoto.it
ANTEPRIMA UGOVIZZA (UD) 6 settembre 2003. MALTEMPO IN FRIULI. Si riparano i danni provocati dalle frane di venerdi' scorso TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA www anteprimafoto.it

PONTEBBA. Sono trascorsi dieci anni da quel tragico 29 agosto 2003. Da allora i Comuni della valle del Fella non sono stati più gli stessi: quella data è diventata lo spartiacque per scandire la vita di queste comunità di montagna. Ogni racconto, ogni riferimento temporale da parte degli abitanti della zona, da dieci anni a questa parte, contiene la frase “prima dell’alluvione” o “dopo l’alluvione”.

A cambiare non è stata solo la sensibilità della gente, ma anche il territorio. Una persona che, proprio in vista di questo anniversario, decidesse di tornare in Alto Friuli, noterebbe diverse cose nuove. Per la gran parte, però, legate a opere di ingegneria o urbanistica, non tanto a occasioni di sviluppo per queste terre.

La valle del Fella Lasciandosi alle spalle il bivio verso la Carnia, i primi segni del post-alluvione si incontrano nel territorio di Moggio Udinese. Nuove scogliere sul fiume Fella accolgono chi si accinge a entrare in questo Comune, dove la sera del 29 agosto 2003 era ospite la giunta provinciale Strassoldo. L’ex presidente della Provincia di Udine e i suoi assessori se la sono vista brutta, lasciando Moggio giusto in tempo, prima che la devastazione diventasse evidente. Salendo verso il capoluogo, non passa inosservato il nuovo ponte “della Vittoria”, anche se le opere di messa in sicurezza più evidenti sono visibili all’ingresso della Val Aupa: qui la strada provinciale è stata completamente ricostruita, con un investimento di 8 milioni di euro.

Il mancato sviluppo Tra Resiutta e Chiusaforte sono stati realizzati nuovi argini, nuove barriere paramassi ed è stata messa in sicurezza la statale Pontebbana. Due Comuni dove, per tentare una svolta, ci si attendeva l’apertura definitiva dei caselli autostradali, progetto bocciato dalla Regione per il costo eccessivo (16 milioni di euro). Un vero e proprio sogno infranto per le comunità locali, che dopo il 2003, quando i due caselli erano stati aperti per qualche mese, avevano cominciato a sperarci per un nuovo sviluppo turistico.

La galleria contesa È l’ultima opera inaugurata dopo l’alluvione, nel maggio di quest’anno. È la galleria di Chiusaforte, che ha impegnato Anas e Fvg Strade per quasi due anni, richiedendo un investimento di circa 60 milioni. Un intervento pensato per superare una delle criticità croniche della Pontebbana, da sempre soggetta alle bizze del vicino fiume Fella, che però è finito nel mirino di Legambiente per il suo costo eccessivo. In molti speravano che un investimento di questa portata potesse essere utilizzato per interventi di sviluppo a favore della popolazione locale piuttosto che per una galleria.

Un fitosauro schiacciato dal viadotto Chi invece la galleria l’avrebbe voluta, è la gente di Dogna che ha dovuto subire la costruzione di un viadotto sopra le proprie teste. Questo Comune è stato uno dei più attivi dopo l’alluvione: nuovo l’ambulatorio, nuova la sala consiliare, nuova la sala polifunzionale, nuovo il municipio, nuova la sede della Protezione civile, nuovo museo del territorio. I suoi amministratori hanno costruito nuovi motivi di attrazione puntando tutto sulla valorizzazione della lingua friulana e del fitosauro. Avrebbero voluto anche il completamento della strada comunale della Val Dogna, con un collegamento turistico verso la Val Saisera. Per ora questo resta un sogno nel cassetto.

Dal ponte all’ambulatorio Il nuovo ponte strallato a Pietratagliata è uno degli emblemi della ricostruzione. Un’opera simbolo di rinascita, così come lo sono le statue della Madonna e dell’Angelo all’estremità del ponte tra borgo Villa e borgo Viola. La piena del rio Gelloviz e del fiume Fella hanno distrutto il ponte e cancellato borgo Villa, ma non queste statue, che oggi sono ancora lì a vegliare su Pietratagliata. Dirigendosi verso l’abitato di Pontebba, colpisce la demolizione delle scuderie per i muli degli alpini della caserma Bertolotti, danneggiate dall’alluvione. Tra i nuovi argini nei corsi d’acqua e la provinciale “a prova di frana” verso Pramollo, anche Pontebba ha tentato la strada dello sviluppo dando una nuova veste al palaghiaccio e regalando alla popolazione locale un ambulatorio medico in centro.

Malborghetto e Ugovizza tirate a lucido A San Leopoldo si incontra il nuovo viadotto sulla statale 13, anch’esso figlio dell’alluvione. Ma i veri cambiamenti si notano a Cucco e Malborghetto (imponenti i vasconi e le briglie realizzati a monte dei centri abitati, diverse le case delocalizzate) e soprattutto a Ugovizza. Qui il centro storico è stato completamente ricostruito, dando nuovi servizi alla popolazione locale con l’area sportiva, il centro polifunzionale, la nuova sede della vicinia. Oggi l’Uque, fonte di morte e distruzione nel 2003, fornisce risorse importanti al territorio con la centralina idroelettrica.

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