Il caso Volpe Pasini: "Arrestato solo perché sono stati persi gli atti"

I legali: sconcertante finire in carcere per un problema burocratico

UDINE. Non ha pagato entro i termini 570 euro di contributi previdenziali - corrispondenti alle quattro mensilità da settembre a dicembre 2008 - a una dipendente di una delle società che, nel tempo, ha gestito. Ecco perché Diego Volpe Pasini è finito in cella, nel carcere romano di Rebibbia. Accade anche questo nell’Italia della burocrazia e delle “sviste” che, alle volte, costano un po’ troppo care a chi ci finisce in mezzo.

Cinquantaquattro anni, molto conosciuto in città per aver gestito diverse attività imprenditoriali, per aver ricoperto la carica di consigliere comunale e per essersi candidato anche alla carica di sindaco del capoluogo friulano Volpe Pasini è diventato, suo malgrado, “un caso giudiziario”, come sottolineano i suoi difensori udinesi.

«La vicenda umana e giudiziaria del nostro assistito - spiegano i legali di fiducia di Volpe Pasini, Francesco Luigi Rossi e Federica Tosel - è emblematica di quanto può accadere in questo nostro Paese, dove la libertà di un cittadino troppo frequentemente dipende dalla mera casualità burocratico-legislativa e dalle condizioni in cui versa l’amministrazione giudiziaria».

Gli stessi avvocati, poi, precisano che Volpe Pasini «è stato tratto in arresto in esecuzione di una sentenza di condanna del 2014 a un mese e quindici giorni di reclusione per un’omissione contributiva di ben 570 euro, commessa nell’anno 2008. Il relativo importo era stato comunque versato successivamente all’Inps. E tale tipo di omissione è oggi oggetto di una legge delega di depenalizzazione (la numero 67/2014) da attuarsi entro il mese di novembre 2015».

Ma se per poter richiedere la depenalizzazione non è ancora tempo, si poteva almeno applicare la detenzione domiciliare, come previsto dalla legge Sallusti. Ancora i legali: «In attesa che il Governo dia attuazione a quanto disposto dal Parlamento (distogliendo la propria attenzione per brevi attimi dallo studio delle modalità utilizzabili per eludere i diritti dei pensionati...) e in attesa dell’intervento della Corte Costituzionale (già investita della questione per dichiarare fin dall’aprile 2014 depenalizzato il fatto per cui oggi Volpe Pasini è detenuto) gli interessati possono beneficiare, a richiesta o d’ufficio, della cosiddetta detenzione domiciliare.

Puntualmente, lo scorso 11 aprile abbiamo depositato all’Ufficio esecuzioni della Procura della Repubblica di Udine la relativa istanza, il cui accoglimento era ed è ampiamente scontato. Ma - riferiscono Rossi e Tosel - tale istanza è stata smarrita nei meandri dell’ufficio giudiziario, senza mai arrivare sul tavolo del competente magistrato».

Ed è così che martedì gli agenti della Digos della capitale hanno notificato a Volpe Pasini un ordine di esecuzione emesso l’8 maggio scorso dalla Procura di Udine per l’espiazione della pena residua di quarantacinque giorni di reclusione in quanto condannato in via definitiva appunto per mancato versamento di contributi Inps (articolo 2 del decreto legge 463 del 1983).

L’imprenditore udinese si è ritrovato all’improvviso e inaspettatamente in carcere e la notizia del suo arresto ha spiazzato pure i suoi avvocati. «Per fortuna - spiega ancora Francesco Luigi Rossi - abbiamo conservato copia di quanto presentato l’11 aprile all’Ufficio esecuzioni penali e avevamo la ricevuta dell’avvenuto deposito.

E grazie a tali documenti e all’impegno del magistrato tutto quanto è stato trasmesso in pochissimo tempo a Roma. Certo è sconcertante che per una negligenza amministrativa sia accaduto tutto ciò. Comunque il nostro assistito, che risiede a Roma già da diverso tempo, dovrebbe tornare libero entro poche ore».

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