Il caso della vignetta hot contro la Boschi e il pensiero debole maschile

Una riflessione sulle ultime scivolate dal sapore sessista. Due epiosodi di questi giorni: le atlete definite "cicciottelle" e il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi raffigurata seduta con un vestito corto che lascia scoperte le gambe e la scritta: «Riforme. Lo stato delle cos(c)e».

Il brutto anatroccolo e l’oca giuliva. Gli eterni e opposti luoghi comuni che non riusciamo a sgretolare. Sessismo? Misoginia? O stupidità?

Due episodi di questi giorni fanno capo al tema: uno ai Giochi olimpici l’altro nella nostra politica. Cominciamo da Rio.

È stata giusta l’indignazione sollevata nei giorni scorsi per il titolo sul trio di atlete “cicciottelle”, un polverone che è costato il posto di lavoro a Giuseppe Tassi, direttore del QS Quotidiano Sportivo, licenziato in tronco. La decisione è stata presa dopo la bufera esplosa sui social network e la lettera di condanna da parte del presidente italiano tiro con l’arco. Ricapitoliamo.

Alle Olimpiadi di Rio, le azzurre della squadra di tiro con l’arco Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia hanno perso prima la semifinale con la Russia e poi la finale del bronzo con Taipei, sempre per 5-3. Quarte. Delusione per il podio sfiorato. E pure per quel titolo comparso il giorno successivo sui giornali.

Ecco dunque che il caso ha fatto il giro d’Italia e sui social sono stati migliaia i commenti contro quel titolo. In verità ce ne sono stati anche alcuni – pochi – a favore. Le scuse del direttore poi, non sono servite, anzi sono state ritenute “una pezza peggiore del buco”.

Quel titolo offensivo non rappresenta purtroppo un atteggiamento isolato, ma anzi un fenomeno vasto che colpisce le donne in qualsiasi posizione si trovino, senza tener conto di quanto hanno studiato o di cosa sanno fare. Ne sono un esempio gli insulti e le vignette sessiste che compaiono contro le donne in politica.

E veniamo all’altro caso, alla vignetta sul ministro delle Riforme Maria Elena Boschi raffigurata seduta con un vestito corto che lascia scoperte le gambe e la scritta: «Riforme. Lo stato delle cos(c)e». Una caduta di stile altrettanto deplorevole.

Non sono le uniche scivolate. Il campionario è purtroppo lungo. Come le battute sulla presidente della Camera Laura Boldrini paragonata a una bambola gonfiabile o l’appellativo di «scimmia» affibbiato all’ex ministra Cecile Kyenge.

Ma abbiamo letto anche frasi sui social offensive verso la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani.

Non si può non dire che non ci sia par condicio di trattamenti.

Quanto veleno e quante cattiverie anche sulle ex ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. E su Daniela Santanchè? E rispolveriamo pure le offese a Rosi Bindi? «Più bella che intelligente».

In questi giorni qualcuno ha detto e scritto che c’è un’ipocrisia di fondo sul polverone alzato dopo il caso delle “cicciottelle”, perché «Tutti l’hanno pensato qualcuno l’ha scritto».

Ebbene se fossero stati tre uomini qualcuno avrebbe avuto la spontaneità di chiamarli cicciottelli? O calvetti? O nanerottoli? Dopo decenni di battaglie sull’emancipazione femminile inciampiamo ancora sul sessismo, chiediamo ancora alle donne la perfezione fisica, giudichiamo prima l’apparenza e poi forse le capacità. Nessuno farebbe il contrario con un maschio.

Con o senza oro olimpico, le distanze vanno prese verso un modo di pensare che ancora resiste. Un “pensiero debole” nei confronti delle donne o di chiunque abbia caratteristiche personali o imperfezioni fisiche, disabilità o caratteristiche personali di non perfezione. Che cos’è poi la perfezione? Ricordiamo la storia e dove ci hanno condotto questi modelli.

Aristotele scrisse: «Nessuno incolpi un uomo di essere brutto»; invece, una donna deve ancora mostrare la sua bellezza, prima di tutto, che sia una scienziata o una campionessa olimpica.

Alla vigilia del compimento del secolo il premio Nobel Rita Levi Montalcini affermò: «Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente».

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