Ignazio Gamba e la Julia: «Noi, la brigata della gente»

UDINE. Quando viene chiesto al generale Ignazio Gamba se la brigata Julia che comanda è migliore dell’altra brigata alpina Taurinense, lui risponde così: «Nel 2013 in Afghanistan, ero in video conferenza con il generale americano James Terry, comandante della missione internazionale Isaf, e con Dario Ranieri, l’allora comandante della “Taurinense”, che mi stava passando il comando a Herat.
A un certo punto Ranieri dice al generale Terry: “Comandante, le presento la seconda brigata alpina”. Al che gli rispondo: “Dario, la Julia non è la seconda, è “l’altra” brigata alpina!».
Aneddoto a parte, che finisce di raccontare sottolineando con un movimento deciso della testa, il generale Gamba tiene a far sapere che con la brigata sorella non c’è competizione, piuttosto esistono ruoli differenti dovuti alle tradizioni e a un legame con il territorio dove sono radicate.
«La Taurinense è una brigata dispiegata a Nord ovest, e fa parte della Forza mobile terrestre della Nato in Europa, con attività operative che si svolgono in paesi come Danimarca e Norvegia. La Julia invece, è stata impiegata sul – per fortuna presunto - fronte a est, dove ci si aspettava un’invasione delle truppe dell’ex-Patto di Varsavia. Credo che in Friuli la mia brigata abbia un legame molto più forte con la popolazione e con la gente di montagna perché sono zone alpine dove c’è ancora una certa vitalità».
Intanto, dalla Taurinense, la Julia prenderà prossimamente il testimone in Val di Susa, impiegata dove c’è la Tav, mentre continuano le attività con l’operazione “Strade sicure” in territorio nazionale. «L’anno prossimo ci sarà un impegno operativo all’estero, non ancora definito» aggiunge il generale, puntualizzando che «la Julia negli ultimi sei anni è stata tre volte in Afghanistan, uscita sempre in assetto quasi completo».
La terra degli aquiloni, dove si sta chiudendo la missione internazionale, per lasciare che gli afgani si riapproprino della conduzione del proprio Paese. «Dopo le elezioni del 5 aprile scorso, uno dei miei interpreti afgani, un bravo ragazzo con cui sono ancora in contatto, mi ha inviato delle foto mostrandomi orgoglioso la scheda elettorale e il dito inchiostrato, chiedendomi cosa ne pensavo. Gli ho risposto che non sono un politico, ma credo che queste siano state delle elezioni libere, senza condizionamenti, e per arrivare a questo noi crediamo di aver fatto la nostra parte, in punta di piedi».
Gli alpini della Julia hanno lavorato nel massimo rispetto della cultura, religione e aspetti sociali locali, senza imporre nulla. «“Fammi un elenco e dai una priorità a quello che ti serve. Io ti dico poi quello che posso fare” dicevo al governatore di Herat, che in cima alla lista mi metteva sempre le scuole e gli ambulatori. E io gli rispondevo che doveva cercare e istruire anche dei maestri, così come per le cliniche doveva preparare dei dottori. Non ha senso aiutare la popolazione se poi questa non è in grado di proseguire e provvedere da sola. La preparazione delle maestranze, civili e militari, il rapporto intercorso con loro, mai invasivo, affinché raggiungessero una loro autonomia, sono stati il punto forte e hanno caratterizzato profondamente le nostre missioni».
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