I rievocatori di Tricesimo raccontano i Longobardi a Napoli

TRICESIMO. A Napoli per la seconda tappa della mostra “Longobardi, un popolo che cambia la storia”, ci sarà anche un’importante realtà culturale tricesimana. Nel contesto dell’apertura partenopea,...
TRICESIMO. A Napoli per la seconda tappa della mostra “Longobardi, un popolo che cambia la storia”, ci sarà anche un’importante realtà culturale tricesimana. Nel contesto dell’apertura partenopea, oltre ad alcuni dei tesori longobardi più belli provenienti da Cividale, ci saranno anche le ricostruzioni storiche proposte dall’associazione La Fara.


Il sodalizio si occupa dal 2010 di rievocazioni storiche longobarde, affinate con il passare del tempo, realizzate sempre con un unico scopo: permettere una migliore divulgazione di quello che fu un periodo fondamentale nella formazione dell’identità friulana, il periodo longobardo.


Proprio alla luce di questi presupposti e visto il lavoro svolto finora, l’associazione è stata contattata dal professor Federico Marazzi, uno dei curatori della mostra, per presenziare sia al vernissage di oggi che all’inaugurazione di domani a Napoli. «Qui – commenta il presidente Gabriele Zorzi – troveremo rievocatori locali che si dedicano alla storia della Langobardia Minor (Italia centromeridionale), mentre il nostro contributo sarà come sempre incentrato sulla prima generazione ed immediatamente successiva, insediatasi nella Maior (Italia settentrionale-Toscana). Non possiamo nascondere una punta di orgoglio per il riconoscimento di un modus operandi non sempre compreso, che fortunatamente in questi anni è valso l’apprezzamento di archeologi di fama come il professor Valenti dell’ateneo senese o quello degli ultimi due direttori del Museo archeologico nazionale di Cividale. Speriamo che questa sia un’ulteriore occasione per sdoganare la ricostruzione e di conseguenza la rievocazione di qualità, fatta secondo standard museali e per farle riconoscere il ruolo di potente mezzo didattico in un’epoca dominata dall’immagine».


Riproduzione riservata © Messaggero Veneto