I ragazzi tornano in classe, risaliranno di nuovo i positivi? Ecco quanto pesa la scuola sulla curva dei contagi, mese per mese

UDINE. I numeri esaminati dall’Istituto superiore di sanità sono chiari: la chiusura delle scuole superiori a novembre e l’utilizzo della Dad ha dato un taglio netto ai contagi fra i giovani in tutta Italia, Friuli Venezia Giulia compreso. I grafici infatti indicano contagi in crescita a partire dalla fine di settembre e sino a quando le lezioni sono rimaste in presenza anche alle scuole superiori.
PRIMO GIORNO DI SCUOLA IN FVG
App, steward, protezione civile e doppio turno: così gli studenti friulani sono tornati in classe
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Dopo la chiusura di licei e istituti tecnici e professionali, decisa con il Dpcm del 3 novembre 2020, è stata avviata ovunque la didattica a distanza. Tenendo conto del periodo di incubazione della malattia e del manifestarsi dei casi, sembra chiaro l’andamento delle curve analizzato in ogni regione dall’Istituto superiore di sanità. I contagi – decisamente risaliti nelle varie fasce d’età da settembre a fine ottobre – sono poi man mano calati già da metà novembre.
Non per niente il presidente Fedriga e lo staff regionale avevano preso decisamente posizione ritenendo di non riaprire le scuole il 7 gennaio come si ipotizzava. Troppo rischioso, secono il governatore. Proprio la Regione, in una nota che illustrava i motivi alla base della decisione di non far tornare in classe gli allievi delle superiori, scriveva che «il report dell’Iss intitolato “Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di Sars-Cov-2” mostra una sostanziale flessione dell’incidenza nella classe di età 14-18 anni in Friuli Venezia Giulia e in gran parte del Nord Italia coincidente con l’introduzione della Didattica a distanza per le scuole superiori e contemporaneamente un continuo aumento dei focolai scolastici tra settembre e il 13 dicembre 2020 in Friuli Venezia Giulia».


Convinto di dover sostenere una scelta responsabile, il governatore si è anche impegnato in un braccio di ferro con i genitori che – ricorrendo anche al Tar – hanno cercato nelle scorse settimane di far riaprire le scuole prima di quanto avesse deciso Fedriga. Il presidente, a metà gennaio, aveva riassunto così la sua posizione: «Non ho mai voluto chiudere le scuole, ma se l’intera task force regionale e gli scienziati mi dicono che aprire adesso gli istituti significherebbe azionare un detonatore fortissimo del contagio, non posso fare finta di niente.
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Stiamo cercando di guadagnare tempo perché l’obiettivo non deve essere quello di ricominciare e basta, ma di arrivare alla fine dell’anno scolastico. E su questa decisione ci muoviamo con la condivisione dell’Ufficio scolastico regionale, di molti professori e anche di tanti studenti visto che, evidentemente, la stragrande maggioranza delle persone si rende conto dei sacrifici richiesti e della necessità di tutelare i cittadini».
In queste ultime settimane è stata poi messa a punto una rete di trasporti potenziata capace di sopportare l’urto dei doppi turni degli studenti delle superiori. Alla fine è arrivata la data del primo febbraio e tutto è ripartito. Ma i timori per una ripresa dei contagi è comunque palpabile. L’introduzione della zona gialla contribuisce ad aumentare le preoccupazioni degli esperti. Anche a livello nazionale c’è chi parla di una possibile nuova esplosione dei contagi che sarebbe difficilmente sostenibile da parte del sistema sanitario, ovunque ancora sotto pressione, in particolare nelle terapie intensive.
Il giudizio dell’Iss sui rapporti tra contagi e scuola in presenza è comunque equilibrato. Ecco cosa scrivono gli esperti tirando le somme del loro studio: «Allo stato attuale delle conoscenze le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato.
L’esperienza di altri Paesi, inoltre, mostra che il mantenimento di un’istruzione scolastica in presenza dipende dal successo delle misure preventive adottate nella comunità più ampia. Quando sono in atto e ampiamente seguite misure di mitigazione sia a scuola che a livello di comunità, le riaperture scolastiche pur contribuendo ad aumentare l’incidenza di COVID-19, causano incrementi contenuti che non provocano una crescita epidemica diffusa».
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