I numeri in controtendenza del Fvg: l’occupazione regge e le assunzioni aumentano nonostante la guerra

Il primo trimestre nel confronto 2019-2022 ne segna 5 mila in più in regione. La grande incognita, conflitto a parte, è l’aggravarsi della carenza di manodopera

Riccardo De Toma

UDINE. L’incertezza ritorna, e precisarlo è superfluo. Ma il termometro del mercato del lavoro in Friuli Venezia Giulia non è ancora in zona rossa. Anzi, i dati del primo trimestre fotografano tuttora quella che, se non fosse per la guerra e le sue ripercussioni già tangibili, si potrebbe ancora chiamare ripresa.

Nei primi tre mesi del 2022, infatti, le assunzioni sono state 65.346, oltre 5 mila in più rispetto al primo trimestre 2019, cioè allo stesso periodo in era pre-Covid. E se è vero che crescono pure le cessazioni (51.120), il saldo tra assunti e cessati è di +14.226: inferiore ai 15.229 posti in più di gennaio-marzo 2019, ma sufficiente per dedurne che le tensioni legate ai rincari dell’energia e alla stretta sulle materie prime non bastavano ancora a invertire il trend di crescita imboccato nel 2021.

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Il check-up è di Carlos Corvino, responsabile dell’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro: a lui il compito di fornire i numeri sullo stato di salute dell’occupazione e delle politiche attive del lavoro in regione, tema del convegno “Lavoro e crescita, il Fvg tra sfide e opportunità”, tenutosi ieri nella sede udinese della Regione con gli interventi del governatore Massimiliano Fedriga, degli assessori alle Attività produttive e al lavoro, Sergio Emidio Bini e Alessia Rosolen, e moderato dal direttore del Messaggero Veneto e de Il Piccolo Omar Monestier.

IL LAVORO CHE C’È

Al centro dell’analisi di Corvino anche la costante crescita del tasso di occupazione. Congelato in era Covid dal blocco dei licenziamenti, l’indice degli occupati era risalito al 67,4% a fine 2021, il terzo valore più alto a livello nazionale. I numeri del primo trimestre, sia pure condizionati da un andamento ciclico che nei primi mesi dell’anno vede sempre un saldo positivo tra assunti e cessati, indicano che le conseguenze della guerra non si stanno ancora facendo sentire.

IL LAVORO CHE MANCA

La grande incognita, guerra a parte, è l’aggravarsi della carenza di manodopera. Il tema è scivoloso, in un mercato del lavoro dove non mancano aree di disagio e di occupazione povera, ma i numeri indicano un aggravarsi delle difficoltà di “recruiting”: «L’indice sulla difficoltà di reperimento – dice Corvino – è in costante crescita e nel primo trimestre si è attestato sul valore medio di 50 punti, con punte superiori ai 60 per gli operai specializzati, ma indici in forte crescita anche per le professioni non qualificate: siamo vicini ai 40 punti».

BOMBA DEMOGRAFICA

Nessun fulmine a ciel sereno. La prima causa della carenza di manodopera va cercata nelle dinamiche demografiche. A rilevarlo non solo Carlos Corvino, ma anche l’assessore Rosolen (vedi pezzo a fianco) e l’economista Paolo Ermano, che sottolinea come in regione il calo di residenti nella fascia occupabile, quella compresa tra i 15 e i 65 anni, sia stata del 6% rispetto al 2001. E parla di mercato del lavoro «sotto stress». Se il fattore demografico è quello che pesa di più, la fuga verso l’estero e la scarsa attrattività del Fvg anche sulle dinamiche di migrazione interna, quella proveniente dal sud, denuncia anche il possibile effetto di altre variabili, come i bassi salari e il lavoro precario. Pesa, secondo Ermano, anche lo stallo della produttività del lavoro: «Produttività che aumenta – spiega – per le aziende che esportano, mentre in generale il Pil per occupato risulta addirittura in calo rispetto al 2001».

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BOOM DIMISSIONI

Un presente stretto nella morsa tra pandemia e guerra è tutto fuorché un invito all’ottimismo, ma la crescita delle assunzioni e il saldo tra assunti e occupati, positivo di 2.700 unità anche nel 2021, sembrano evocare scenari diversi: una fiducia nel futuro all’insegna di quelle “sliding doors” tanto care ai fautori di una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro. L’Osservatorio, da parte sua, legge positivamente anche l’impennata delle dimissioni: oltre 12 mila quelle registrate nel primo trimestre 2022, contro le 16 mila dell’intero 2021 e il 45% in più rispetto al primo trimestre 2019. «È il segno – commenta Carlos Corvino – di un mercato del lavoro che offre più opportunità».

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