«I miei 18 anni al Carnera ascoltando i King Crimson»

Il professor Paolo Strazzolini è uno dei tanti che non hanno dimenticato il concerto del ’74. Lunedí sera in Castello rivivrà un mito

Udin&Jazz 2014 "Ahead" si conclude stasera con uno dei concerti piú attesi: alle 21.30, salirà sul palco del Castello "The Crimson ProjeKCt", la band che vede riuniti Tony Levin, Pat Mastelotto, Adrian Belew, nella doppia line-up con Markus Reuter, Julie Slick e Tobias Ralph, con l'approvazione del grande Robert Fripp, uno dei fondatori dei leggendari King Crimson. Il gruppo propone il repertorio storico e carismatico della band che ha fortemente connotato la migliore espressione del progressive mondiale. La line-up prevede due power trio: gli Stick Men di Tony Levin, con Pat Mastelotto alla batteria e Markus Reuter alla touch guitar, a confrontarsi con l'Adrian Belew Power Trio, dello stesso Adrian Belew - chitarra e voce - Julie Slick al basso e Tobias Ralph alla batteria. Ma il ricordo indelebile dei King Crimson al Carnera, il 19 marzo 1974 è scolpito nella memoria di tanti udinesi e in quella del professor Paolo Strazzolini che ci racconta le emozioni di allora.

Io c’ero. Martedí 19 marzo 1974, allora festività riconosciuta di San Giuseppe, il Liceo concedeva un giorno di vacanza, ma per i miei 17 anni non sarebbe stato sufficiente contare sulla pausa scolastica.

Mancava un solo mese ai 18 e credo furono proprio la “festa del papà” e la sua benevolenza a garantirmi permesso e soldi per poter raggiungere Udine e farmi trascinare dal vento impetuoso dei King Crimson.

Correvano tempi in cui non era comune che il sonnecchioso Friuli del pre-terremoto offrisse l’opportunità di poter ascoltare in concerto, vedere, toccare i miti del firmamento musicale del momento.

Come in ogni giornata speciale la sveglia, complice l’eccitazione della vigilia, avvenne all’alba.

Ricordo una tipica, fredda giornata invernale quando, nella tarda mattinata, scesi dal treno alla Stazione di Udine, in mezzo a una calca che già si andava formando. Raggiunsi a piedi il Carnera (lo Stadio Friuli era di là da venire), frammisto a una teoria di più o meno ragazzi, tutti entusiasticamente in marcia verso la meta.

Il pomeriggio avanzava, la febbre saliva, tra un panino caldo e infinite nuove amicizie finché, finalmente, ci fecero entrare. Io fui tra i primi e questo mi garantí il fronte del palco e, successivamente, anche la possibilità di scambiare due parole con Robert Fripp, di cui subivo il fascino degli occhiali, di quel suo suonare seduto e di cui ricordo il magico e sapiente tocco sulla mitica Gibson Les Paul.

I minuti non passavano mai e venne facile ritrovarsi tutti fratelli nel condividere la gioia e l’emozione di quel momento epocale. Finalmente, alle nove, iniziò il concerto: le note di The Great Deceiver, Fracture, Starless and Bible Black, Lament dal nuovo album in uscita, come i cavalli di battaglia Exiles, Book of Saturday e Larks’ Tongues in Aspic invasero il Palasport e ipnotizzarono.

Furono due ore da sogno. Quando, dopo piú di un bis, giunse il commiato definitivo, era ormai quasi mezzanotte. Seppur a malincuore, ognuno di noi si avviò verso l’uscita, pervaso ancora dalla magica atmosfera che quelle ore di fantastica musica avevano creato.

Fu festa anche dopo: la paziente attesa del bus, i commenti entusiasti, il viaggio stipati verso la Stazione, il rientro sull’ultimo treno, stanco e salvo a casa.

Con me, la fierezza di aver goduto un’avventura fantastica. Solo oggi, la piena consapevolezza di aver vissuto la mia giovinezza in un’epoca irripetibile, quando bastava chiudere gli occhi, allungare la mano per cogliere comunque una splendida perla.

Sí, io c’ero. E ci sarò ancora.

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