I Friulani e il Quirinale. Santuz racconta Cossiga: "Capì che il muro finiva qui"

UDINE. Fu il primo ad accoglierli al rientro dalla Germania. Li rassicurò dicendo loro che il »Governo e il Paese non li avrebbe abbandonati. Pochi giorni proima, era la domenica del 28 agosto 1988, durante l’Airshow Flugtag ’88 nella base statunitense di Ramstein (Germania), l’esibizione acrobatica delle Frecce Tricolori si era trasformata in tragedia. Tra gli spettatori ci furono 67 morti e 364 feriti. Il presidente Francesco Cossiga chiamò l’allora ministro dei Trasporti Giorgio Santuz sia per invitarlo a riferire ai piloti che le Frecce rappresentavano un patrimonio che l’Italia sia per riferire che li avrebbe sempre difesi. «Per questo - ricorda oggi Santuz - accolsi i piloti rincuorandoli».
Ministro dell’Interno nei governi Moro V, Andreotti III e Andreotti IV dal 1976 al 1978, presidente del Consiglio dei ministri dal ’79 all’80, presidente del Senato nella IX legislatura dal 1983 al 1985, il 24 giugno 1985 fu eletto al Quirinale come più giovane Capo di Stato dell’età repubblicana. «Fu un’elezione quasi all’unanimità - ricorda Santuz – un’operazione politica geniale di cui lui stesso fu regista e artefice».
Cossiga era sempre molto attento alle vicende del Friuli, aggiunge l’ex ministro: fu lui nel ’76 a mandare Zamberletti dopo il terremoto. «Una notte fui svegliato di soprassalto e convocato da Cossiga. Lui era ministro degli Interni, io sottosegretario agli Esteri. Erano le 3 del mattino e mi accolse in vestaglia. Mi riferì che due ore prima aveva preso una pastiglia per dormire e da pochi minuti una per svegliarsi: in mezzo c’era stato il dirottamento di un aereo. Sapeva tutto sul gruppo dei dirottatori e sulla vicenda, poi passò al Friuli. E mi disse che gli interessava molto la storia di Porzus e del confine orientale».
«Cossiga - sono ancora le parole di Santuz - era l’uomo dell’atlantismo mondiale, l’amico della politica americana, il grande conoscitore dei servizi segreti, delle banche dei poteri forti e un grande esperto di armi. Aveva un intelligenza fervida, era coltissimo (maturità classica a 16 anni e laurea in giurisprudenza a 20), ma anche molto affabile e abilissimo nel capire le cose. È stato sicuramente - insiste Santuz - l’uomo più potente d’Italia, più di Andreotti che pure stimava nonostante lo screzio quando quest’ultimo rivelò che di fatto Francesco era stato l’inventore di Gladio. Fu un mediatore, Cossiga. Sì, un mediatore fino a quando divenne “il picconatore”».
«Quando ero ministro dei Trasporti - rivela ancora Santuz - mi chiamava spesso alla vigilia dei grandi scioperi e delle mie possibili precettazioni. Mi suggeriva di sentire le ragioni della Triplice, ma di ascoltare tutte le forze sindacali, anche quelle più esasperate o estreme. Insomma, era sempre molto attento a ogni passo politico. Ma dopo quattro anni di presidenza al Colle, divenne appunto “picconatore”. E a mio avviso questa trasformazione non può non essere messa in relazione alla caduta del muro di Berlino».
Secondo Santuz, infatti, Cossiga - che era molto esperto di politica internazionale e soprattutto dei due blocchi - aveva intuito che un mondo stava finendo e che nulla sarebbe stato più come prima. «La sua acutezza di analisi - rincara - gli aveva fatto intuire che gli equilibri che avevano retto l’Europa dal dopoguerra erano finiti. Probabilmente aveva capito che anche la Dc era arrivata al capolinea. O meglio: o la Dc cambiava i suoi rapporti con il Pci oppure era destinata a sparire.
La Dc come baluardo contro il patto di Varsavia non serviva più. Da qui l’esordio come “picconatore” con l’obiettivo di cambiare l’Italia, di ammodernarla. E in questo aveva colto prima di altri che il Friuli e Trieste avrebbero potuto giocarsi un ruolo centale in questo nuovo equilibrio mondiale».
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