Gloria, la regina di pizzi e ricami made in Friuli

Figlia d’arte, ha lasciato il posto fisso. Ora gestisce un atelier del lusso a Tricesimo

UDINE. È cresciuta tra pizzi, ricami, sete e rasi. Con una convinzione. Mai e poi mai avrebbe fatto il lavoro dei genitori. Papà Amos e mamma Bruna avevano fondato a Venzone un laboratorio di biancheria intima per donna, l’anno in cui è nata.

«Ci è mancato poco che mia madre mi partorisse mentre cuciva». La bottega artigianale contava una trentina di dipendenti, diventate poi 70 quando si è trasferita ad Artegna. Un’azienda di successo che esportava capi in tutto il mondo. Ma Gloria de Martin è cresciuta «rifiutando» il mestiere dei genitori.

Quel lavoro che, racconta, le ha sempre portato via mamma e papà. Li vedeva solo alla sera quando la babysitter, a fine giornata, portava lei e suo fratello Gianmarco, di tre anni più grande, in fabbrica. «Allora, sotto al bancone, tra pezzi di stoffa e scatoloni, ci addormentavamo in attesa che finissero di lavorare».

Quel mestiere però – che agli occhi di bambina era quello le sottraeva ogni giorno la gioia di stare in famiglia –, una volta cresciuta è diventato anche il suo.

«E pensare che non sapevo nemmeno tenere in mano ago e filo», confida. Sì, perché si era sempre rifiutata di imparare. Il suo futuro, infatti, lo immaginava altrove. Ben lontano da cartamodelli, stoffe, macchine da cucire, collezioni da consegnare, clienti da visitare. Invece il destino l’ha portata proprio dove non voleva. Nel 1987. È allora che Gloria decide di metter su bottega. Non un’attività qualsiasi. Ma «una bottega del lusso», come lei stessa la definisce.

Nasce così «Emozioni», prima ad Artegna, poi a Tricesimo e ora a Segnacco di Tarcento. Quello che oggi è uno studio di moda e design. E un laboratorio per la creazione di lingerie, accessori e abiti da notte.

Di altissima qualità. Tra il bancone e le macchine da cucire (a cui di recente ha aggiunto una ricamatrice), l’alta sartorialità prende forma dalla ricerca e dalla sperimentazione. Gloria ci mette tutto il suo estro nell’abbinare stoffe – pura seta, rasi di seta, magline –, pizzi e ricami preziosissimi – che si fa realizzare su suo disegno –, e persino piccoli cristalli di Swarovski: crea così quei capi unici richiesti da mezza Europa, in particolare da Germania, Austria e Francia.

«Ogni volta che vendo un abito – commenta sorridendo –, un po’ ci soffro. È come disfarmi di una parte di me». Sorride anche quando, pensando al passato, ricorda come il cucito non fosse proprio nelle sue corde. E pensare che a giorni sarà di nuovo a Milano tra i protagonisti del prestigioso Salone internazionale del tessile. Interprete di quel fare con le mani che nel suo caso, racconta, è un sapere rubato. «Con gli occhi».

Quando ha deciso di lasciare il posto fisso – quello in un’importante azienda dove si occupava di consulenza finanziaria (grazie al diploma di ragioneria) –, le sole conoscenze nel campo della sartoria erano quelle acquisite osservando all’opera mamma e papà. Nulla di più. Da lì è partita. Forte di una convinzione. «Al tempo lavoravo anche 15/16 ore al giorno occupandomi di contabilità.

Spronata da un’ex collega ho pensato che mettendoci la stessa energia e voglia di fare avrei potuto avviare qualcosa di mio». Così è iniziata l’avventura. Il primo laboratorio, con quattro ex dipendenti del papà – i genitori nel frattempo in pensione avevano chiuso l’attività da tempo –, lo apre proprio nel capannone di famiglia. Poi le dipendenti diventano otto. Il lavoro è tanto, ma purtroppo la prima collezione, affidata ad una stilista tedesca conosciutissima tra le grandi firme del settore, non decolla. «È stato allora che ho deciso di realizzare una linea tutta mia». Che viene subito apprezzata dagli addetti ai lavori per l’originalità e l’eleganza.

Ma quando gli affari cominciano ad andare bene, arriva la crisi e i clienti stentano a pagare. «Un brutto, bruttissimo colpo», ricorda Gloria. Che nonostante le difficoltà non è per nulla intenzionata a mollare. E si reinventa, una volta di più. Iniziando a lavorare conto terzi. «In quel momento ho imparato a tenere in mano un ago. E a cucire a macchina».

Il richiamo di quel mondo – fatto di lusso, cose belle e ben fatte –, ha avuto poi il sopravvento. In particolare quando i genitori hanno venduto il capannone e lei si è trasferita a Tricesimo. In quel momento è nata l’odierna bottega artigianale. Ci lavora solo lei, anche se quando ne parla dice «noi». «Sì – conferma –, qui ci siamo io e la mia azienda». Dove entrano i clienti, e ci stanno anche un paio d’ore.

«Al centro del mio lavoro c’è la persona prima che l’acquirente». Un’attitudine a cogliere l’intimità di chi ha di fronte affinata dagli studi di psicologia a Padova. L’Università l’ha poi abbandonata – «a malincuore» –, perché non ce la faceva più a conciliare studio e lavoro. Ora Gloria mentre accarezza i suoi abiti da notte – ideali anche per il giorno e la sera; in molti casi hanno vestito persino spose –, la lingerie, le giarrettiere tutte pizzi e ricami di pregio. I capi col suo marchio hanno un denominatore comune: sono confezionati con stoffe «attente» alle esigenze fisiologiche della pelle.

Niente, dunque, elementi chimici nei processi produttivi. Cuciture e lo stesso taglio della stoffa – sempre in sbieco, cioè a 45° rispetto alla direzione dei fili di trama e ordito – appositamente studiati per far fluttuare gli abiti una volta indossati. Al bando bottoni, cerniere o gancetti.

«A letto danno proprio fastidio», commenta. La sua parola d’ordine è «valorizzare la femminilità». Tutti «segreti» che Gloria – tra i protagonisti del progetto fotografico «Dentro le botteghe, oltre i mestieri» firmato da Antonella Oliana e Angelo Salvin e presente anche su Facebook – non ha problemi a svelare. Anzi. Il suo atelier si trasforma spesso in «scuola» per aspiranti sarti e designers.

E lei – impegnatissima anche in Confartigianato dove, tra i vari ruoli («Tutti in forma di volontariato», precisa) ricopre quello di capo categoria provinciale e regionale del settore moda –, nel 2015 ha portato il suo sapere anche in Afghanistan. Grazie ad un progetto di Confartigianato Udine ha scelto di trascorre le sue vacanze estive nella base della Julia a Herat, insegnando ad alcune donne del posto a cucire.
 

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