Glauco Venier: il mio jazz per Cappello

Mittelfest: quando un grande pianista incontra un grande poeta. E nasce la suite “Questa libertà”, al festival il 24
Chiasiellis, 12/10/2013 - Area Festintenda - Scuola di Musica Diocesana di Mortegliano - Nuovi percorsi di espressione creativa - stage con Luca Colussi - Glauco Venier, Alessandro Turchet, Luca Colussi in Waits - Foto Luca d'Agostino/Phocus Agency © 2013
Chiasiellis, 12/10/2013 - Area Festintenda - Scuola di Musica Diocesana di Mortegliano - Nuovi percorsi di espressione creativa - stage con Luca Colussi - Glauco Venier, Alessandro Turchet, Luca Colussi in Waits - Foto Luca d'Agostino/Phocus Agency © 2013

Universi che si sfiorano di continuo, musica e scrittura, sollecitati da un’armonica stirpe comune, il suono. Ogni lettura è a suo modo ritmica, obbliga alle pause, all’accelerazione brusca, alla fluidità del narrare, come una qualunque partitura. Sebbene arti ravvicinate, vivono spesso d’incontri sbadati.

Qualcosa avviene, quasi sempre spinto dalla casualità. Un poeta e un musicista chiacchierano, magari senza un progetto, così, per piacere, e con la naturalezza tipica dell’uomo di cultura si ritroveranno a respirare la stessa porzione d’ossigeno di un palcoscenico.

L’onestà di Glauco Venier, uno dei grandi del pianismo internazionale, guarda caso friulano, fa luce sulle coordinate iniziali del progetto Questa libertà, una suite composta dallo stesso maestro che trasuda letteratura allo stato puro, in prima nazionale giovedì 24 al festival cividalese.

Racconta: «Una sera fu il direttore di Mittelfest Antonio Devetag a confidarmi una sua esigenza: “Vedo in scena te con Pierluigi Cappello, m’immagino una magnifica fusione”.

’Sta cosa inizia a battermi. Compro il libro e vado subito spedito, è un crescendo che rapisce. Un’emozione tale da provocare un’immediata improvvisazione sui tasti del pianoforte. Io sono uno all’antica, riempio il pentagramma con la matita, la tecnologia per comporre non la uso proprio».

Venier sente ancora l’eco della standing ovation americana e canadese del suo ultimo tour con Norma Winstone e Klaus Gesing, che segue il precedente giro coreano, cinese e portoghese, necessario percorso mondiale per dare forma al suo Dance without answer, prodotto dalla prestigiosa etichetta Ecm che nella sua storia soltanto due italiani ha assoldato: Glauco Venier e Stefano Bollani, caso vuole entrambi prossimi mittelfestiani. E in autunno, sempre marchiato Ecm, uscirà Piano solo.

«Non trattengo a lungo il tempo, è ora di conoscerlo sul serio, Cappello. Le idee sono chiare, la traccia musicale fila da sola e così ribusso alla porta di casa sua. Pierluigi cerca di capire, come chiunque si trovi sotto il naso dei fogli riempiti con fa diesis e si bemolle. Mi chiede: “Ho voglia di ascoltare, è possibile presto?”.

La trama è geniale nella sua semplicità. A ogni capitolo corrisponde una tonalità, così da risucchiare lo spettatore dentro una sorta di reading con un pianoforte, un quartetto d’archi e due voci (Massimo Somaglino e Fabiano Fantini).

Sarà jazz? «Impossibile restringere il jazz in un concetto solido e definito, dipende se è il sound delle origini oppure quello mescolato successivamente dai popoli. Il mio è una mistura di Bartók, Chick Corea, persino Satie, direi, è musica di pancia, non di testa, si crea componendo. Nulla di preconfezionato. Tutto è pronto, ora, manca solamente il tratto decisivo di Michele Corcella, il miglior arrangiatore italiano. Poi ci trasferiremo tutti in piazza Duomo».

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