Giudici di pace, emergenza sede

«Carichi di lavoro importanti e massima collaborazione». Raffaella Garofalo, coordinatrice dei giudici di pace, mette a fuoco i numeri in organico nel palazzo di giustizia di Pordenone, dove si concilia una lite su due: da 7 toghe a 3. I casi aumentano ma l’organico è a dieta. «Fino a tre anni fa eravamo in 7 colleghi e scadrà il mandato entro il 2014 anche al giudice di pace Francesco Iervolino. La situazione è davvero difficile rispetto alla mole di lavoro. Dopo il pensionamento del giudice emerito Raffaele Vairo, siamo in attesa anche della nomina di coordinatore dal Csm. In organico servirebbero altri tre colleghi».
«Confidiamo nella richiesta di trasferimento di qualche giudice di pace da altra sede a Pordenone – è la speranza di Garofalo –. Stiamo lavorando in piena collaborazione con gli avvocati per smaltire il lavoro e gli arretrati dei colleghi che si sono trasferiti. Un altro problema è quello della sede: l’accorpamento degli uffici periferici a Pordenone aumenterà i flussi nelle giornate delle udienze e il nostro palazzo non è in regola con i parametri della sicurezza».
La sede, al momento, è quella in via Rivierasca. «Siamo in attesa di una decisione, anche in base alle risorse – indica la coordinatrice delle toghe –. Le possibilità sono due: un intervento di messa in sicurezza nella attuale, oppure un’altra sede in città. Il trasferimento nell’ex biblioteca in piazza della Motta prevede un investimento considerevole. L’accorpamento delle sedi periferiche è previsto a fine aprile, ma la loro operatività andrà avanti fino all’autunno per gli arretrati».
La sede è fuori norma da anni: spazi stretti, ascensore fuori scala per disabili e barriere architettoniche nel palazzo che affaccia sul Noncello. Lo Stato ha previsto un “tesoretto” di 30 milioni di euro per l’accorpamento dei tribunali su scala nazionale: una quota arriverà anche a Pordenone. Intanto, qui diminuiscono i ricorsi sulle multe e aumentano i decreti ingiuntivi per debiti. «I giudici di pace hanno turni settimanali sui casi di espulsioni di immigrati irregolari: facciamo salti mortali – conclude Garofalo – per non bloccare l’attività».
Chiara Benotti
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