«Giovani “allergici” al lavoro in cucina»

Nappo, anima di Catina e Podere dell’Angelo: «Non si degnano più di fare il cameriere o il cuoco, piuttosto stanno a casa»

«Trovare personale nel nostro settore è ormai un grosso problema, siamo all’emergenza. Per fortuna ci sono gli extracomunitari, perché nessun giovane italiano è più disposto a lavorare in sala o in cucina. Quando ho iniziato io, vent’anni fa, lavapiatti e camerieri erano quasi tutti italiani. Ma ora preferiscono andare a fare altri lavori meno impegnativi o addirittura stare a casa. Tanto hanno la fortuna di avere genitori che versano comunque la “paghetta”». È la “bacchettata” di Carlo Nappo, lo chef dei ristoranti “alla Catina”, a Pordenone, e del “Podere dell’Angelo”, a Pasiano, uno degli imprenditori emergenti del settore della ristorazione.

«Le famiglie non insegnano più lo spirito di sacrificio, il valore del lavoro e del guadagno. Sembra tutto dovuto – afferma Nappo –. Parlavo recentemente con un collega che gestisce una pizzeria e mi raccontava che un ragazzo che lavorava per lui come fattorino ha deciso di lasciare perché il padre gli ha detto: “Vai in giro a portare le pizze col motorino per prendere 50 euro al giorno? Piuttosto, quei soldi, te li do io”. Siamo arrivati al punto che i genitori danno ai figli i soldi per non lavorare». La riflessione di Nappo va oltre le ormai annose polemiche su “bamboccioni” e “choosy”, aggettivo usato da Elsa Fornero per stigmatizzare i giovani troppo “schizzinosi” per accettare certi lavori, nonostante la crisi. L’osservazione dello chef pordenonese focalizza l’attenzione in particolare sul settore della ristorazione, quello che implica l’inclinazione a “servire” il cliente: «Non hanno più l’umiltà e la disponibilità per svolgere un lavoro di servizio. Dà troppo fastidio lavorare mentre gli altri si divertono. Non vogliono servire ma essere serviti. Nei miei locali, in cucina e in sala, ormai ci sono solo extracomunitari. Che lavorano benissimo, sia chiaro. Ma non si può non essere preoccupati pensando al futuro dei giovani italiani se questa è la mentalità. In più, non c’è la voglia di fare gavetta. Pretendono subito di improvvisarsi chef e ristoratori, mettendosi in proprio troppo presto e facendo una brutta fine».

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