Giorgio Cavallo: idea folle, Sappada ha radici friulane

L’ex consigliere contesta il progetto veneto. Martedì la presentazione del libro “Ripensare la Nazione”
Martignacco 24 aprile 2015.Incontro con l'ex onorevole Saro presso la pizzeria Al Podere. .Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone
Martignacco 24 aprile 2015.Incontro con l'ex onorevole Saro presso la pizzeria Al Podere. .Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone

UDINE. «Come mi definisco? Appartengo alla geriatria rivoluzionaria». La definizione fa riferimento al neurolinguista Franco Fabbro secondo cui soltanto gli anziani oggi possono fare la rivoluzione perché sono gli unici ad avere tempo.

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Più semplicemente, Giorgio Cavallo, ingegnere, ex consigliere regionale ed ex assessore comunale si definisce semplicemente un «post autonomista» e uno «strenuo difensore della Specialità». Di questo e di molto altro parla nel suo libro “Ripensare la Nazione” che presenterà martedì prossimo, alle 11.30, nella sala Pasolini, nella sede udinese della Regione.

Il senatore bellunese Piccoli ha presentato un ddl in cui impegna il Friuli a garantire contributi annuali ai territori confinanti con il Friuli. Cosa ne pensa?

«Che mi pare una follia».

Perché

«Perché non ha alcun senso. Chi in Friuli chiede una legge di confine per fare fronte alla concorrenza slovena e carinziana non pretende soldi ma norme».

Ma Piccoli sostiene che la spesa per abitante del Friuli è nettamente superiore a quella di un cittadino veneto.

«Quelli sono conti-bufala. Basti dire che il conteggio sui cittadini friulani tengono conto anche della sanità che nel caso veneto non vengono conteggiati. Spero che qualcuno più autorevole di me risponda con i numeri».

Un suo giudizio sulla vicenda di Sappada?

«È un’antica richiesta. Nei primi anni ’80 avevo presentato una proposta di legge che rivedesse le province del Friuli sulla base delle Diocesi, che sono un insediamento storico e radicato».

E dunque Sappada?

«Sappada ha sempre fatto parte delle nostre diocesi e ha sempre fatto riferimento alla nostra regione. Sappada è di fatto legata al Friuli».

Soprattutto per un tornaconto economico?

«In passato era così. Oggi non più».

E a cosa pensa allora oggi, Sappada?

«Basterebbe dire che il collegamento c’è sempre stato. E in più c’è la storia del Friuli che ha sempre riconosciuto le minoranze tedesche».

Veniamo al suo libro. Come nasce?

«La prima edizione è stata scritta a fine 2013, subito dopo le regionali. Aveva la pretesa di chiarire, soprattutto a me, una serie di temi relativi alla questione friulana. In questo libro non parlo soltanto dell’autonomismo ma di quali sono gli elementi centrali del rapporto tra Friuli e Stato centrale».

Che sono?

«Sono rapporti di ambiguità perché noi siamo un territorio storicamente incerto fino alla fine della seconda guerra mondiale. Io sono vissuto in 5 organismi statali diversi: Regno d’Italia, prima del ’43, poi due anni sotto l’Adriatisches Kustenland, poi 40 giorni sotto il governo yugoslavo, poi sotto l’amministrazione militare alleata e infine è arrivata la Repubblica italiana. Il tema dell’appartenenza del Friuli all’Italia si è definito con il riconoscimento regionale».

Sì, certo, ma quello Stato, quegli Stati non ci sono più. E allora?

«Gli Stati nazionali stanno arrivando alla fine del loro ciclo storico. Erano organizzazioni che rispondevano a tutti i bisogni di sviluppo dei suoi partecipanti. In quegli Stati si esaurivano potere e politica».

Oggi, invece?

«Oggi questo è saltato. Abbiamo un simulacro del potere dello Stato italiano rispetto all’economia. Qual è il vero ruolo del governo di Renzi».

Me lo dica lei?

«Adeguare la società italiana alla globalizzazione internazionale soprattutto economica».

E un approccio marxista?

«Forse parto da Bauman e poi forse arrivo al marxismo inteso come antagonismo».

E l’antagonismo del Friuli in che cosa dovrebbe concretizzarsi?

«La capacità di un territorio di non essere del tutto “mangiato” dalle dinamiche della globalizzazione. Oggi c’è un filone socialdemocratico che chiede un governo mondiale sui diritti dei cittadini. L’altra ipotesi è il recupero di poteri di autogoverno sul territorio».

Nel 1980 scrisse un libro con Ceschia e Begotti sulla rivendicazione del diritto all’autodeterminazione. È ancora attuale?

«Oggi la battaglia è diversa perché si fonda sui poteri reali di governo: l’economia, il sociale e il culturale. Ricordandoci che ci sono tre economie».

Vale a dire?

«L’economia della ricchezza (uno dei fondamenti del capitalismo), quella della sicurezza (casa, ambiente) e quella della felicità. Quest’ultima è un’economia che non ha attribuito valori di scambio e che si manifesta attraverso rapporti e socialità e che oggi comincia a fare breccia». (d.pe.)

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