Ginnastica, è il giorno di Alex. I genitori: "A soli sette anni la nostra bimba ci diceva: un giorno andrò alle Olimpiadi"

UDINE. Quella della famiglia Agiurgiuculese è solo in parte una storia di sport. Racconta di un viaggio, di cinque persone che si sono divise per cercare una stabilità economica e che hanno lavorato sodo per ritrovarsi. Di una famiglia che è stata accolta e supportata e che, oggi, si sente italiana. Incidentalmente di questa famiglia fa parte una giovane campionessa, che nella notte italiana di domani coronerà il proprio sogno e si esibirà sulla pedana olimpica nelle qualificazioni di ginnastica ritmica.
Andando a ritroso nel tempo, il primo degli Agiurgiuculese ad arrivare in Italia, a Cordignano, in provincia di Treviso, fu papà Richard, nel 2004, seguito da mamma Cristina, nel 2008, per raddoppiare lo stipendio con l’obiettivo di comprare casa. I tre figli Alexandra, Sebastian e Magdalena restarono a Iasi, in Romania, con la nonna. «Sono rimasta orfana a tredici anni – racconta mamma Cristina – e Richard e i miei figli sono tutto. Abbiamo fatto tanti sacrifici e abbiamo sofferto ma ora siamo riuniti e siamo felici». Quando è arrivata in Italia, nel 2010, uno anno prima dei fratelli, Alex era già una piccola celebrità in Romania. «Ha sempre avuto una grande forza – prosegue la mamma –; a sei mesi ruppe il girello e a nove camminava già benissimo. Non stava mai ferma e si inventava ogni genere di attività. Il pediatra mi consigliò di farle fare ginnastica per risolvere un piccolo problema di scoliosi, vidi un volantino e la portai in palestra: aveva sei anni e pochi mesi dopo era già campionessa di Romania».
Un ruolo importante lo ebbe il suo primo allenatore, Consantin Radu, che spesso le mostrava i video delle grandi campionesse. «Anche tu devi andare alle Olimpiadi» le diceva. «Abbiamo conservato dei messaggi audio – ricorda Cristina – che Alex a sette anni mandava a suo padre in cui raccontava che sarebbe andata alle Olimpiadi, che si sarebbe impegnata tanto e che non avrebbe pianto per fare le spaccate. I suoi fratelli, quando ci riuniamo a Natale, si divertono a prenderla in giro».
Alex arrivò in Italia nel 2010 e incrociò il suo destino con quello di Spela Dragas, la sua allenatrice all’Asu che la ospitò in casa. Quando ricorda quel periodo Cristina si commuove: «É stato doloroso, Alex era piccola e poterla vedere solo nel fine settimana era difficile. Per fortuna Spela ospitava spesso anche me: sapevo che lei poteva prendersi cura di Alex come una mamma». Un grande aiuto è arrivato pure dalle compagne dell’Asu. «Alle superiori Alex ha vissuto in convitto. In quel periodo è stata aiutata da alcune famiglie delle sue compagne di squadra cui siamo ancora molto legati. Non ci hanno mai lasciati soli». Gli anni sono passati e gli Agiurgiuculese si sentono italiani al 100%. «In famiglia parliamo rumeno – precisa Cristina – perché non dimentichiamo da dove veniamo ma, ad esempio, Magdalina, che è arrivata in Italia a cinque anni, non lo parla bene. Ormai ci sentiamo molto più italiani».
Oggi Cristina e Richard lavorano nella stessa fabbrica e si occupano di verniciatura, all’inizio con turni alternati per potersi occupare dei bambini. «Anche al lavoro ci hanno aiutato tanto – sottolinea – perché ci hanno sempre concesso i permessi per seguire Alex nelle gare importanti. Prima che scoppiasse il Covid avevamo già preso i biglietti per Tokyo, avevamo chiesto un anticipo del Tfr per sostenere la spesa, invece potremo seguirla solo in tv. Abbiamo investito tutto su Alexandra, sapendo che se fosse riuscita a brillare poi avrebbe aiutato i fratelli. Infatti i primi stipendi dell’Aeronautica Alex li ha usati anche per pagare l’affitto a Sebastian che si era trasferito in provincia di Trento per giocare a pallamano».
Il ricordo dell’ultima telefonata con la figlia fa piangere mamma Cristina: «Sta completando l’album di figurine dell’Italian Team olimpico e martedì scorso le ho spedito sei figurine assieme a una lettera nella quale le ho fatto un in bocca al lupo e le ho scritto qualche parola da mamma. È la prima lettera che le ho scritto nella mia vita: non pensavo la ricevesse prima della partenza, invece venerdì mi ha chiamato dall’aeroporto dicendomi che l’aveva letta, è stato molto emozionante». Gli ultimi messaggi prima della gara? «Non le chiedo mai come va l’allenamento o come si sente prima di una competizione. Cerco di farla ridere, le parlo dei suoi fratelli. Il compito di seguirla come atleta è di Spela, la mamma deve farla sorridere e farla stare bene».
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