Genitori divisi sul tampone al figlio, il giudice: il test va fatto, basta il consenso della mamma

TRIESTE. Litigavano su tutto: incontri, visite, orari. Stavolta perfino sul tampone anti Covid da fare al bambino piccolo. La mamma lo voleva, il padre no. Si opponeva in ogni modo, rifiutando di firmare l’autorizzazione. E così alla fine è intervenuto il Tribunale: il test va fatto. Ed è sufficiente il consenso della mamma.
Decisione senza precedenti quella imboccata dal Tribunale di Gorizia, in questi giorni, nei confronti di una coppia residente a Grado.
Si tratta di due persone separate che hanno l’affido condiviso del figlio. Il bimbo frequenta un asilo. In classe è stato registrato un caso di contagio tra i compagni. La madre, comprensibilmente preoccupata per il proprio bambino, si è quindi rivolta al pediatra. Il medico ha suggerito alla signora di sottoporre subito il minore al tampone molecolare.
Ma niente. Il papà ha detto no. Il motivo? Ritiene che il bimbo possa subire uno «stress psicologico», si legge nelle carte giudiziarie. E senza la firma di entrambi i genitori, che come detto hanno l’affido condiviso, una struttura sanitaria non può procedere. L’appuntamento per il test era già stato fissato dal pediatra.
La madre non ha perso tempo e si è rivolta al legale di fiducia che la sta seguendo nella causa di separazione, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano. In ballo non c’è solo il tampone, ma pure la quarantena laddove si rendesse necessaria.
Il giudice istruttore, Francesca Clocchiatti, ha preso immediatamente in mano la pratica. Nella sua istanza la madre ha chiesto al Tribunale l’autorizzazione per assumere «in via esclusiva» le decisioni sull’isolamento fiduciario e sul test molecolare. Ciò dinnanzi all’ostruzionismo del marito.
Un diniego, quello del padre, che al giudice Clocchiatti appare «immotivato», scrive il magistrato nel suo provvedimento. «Perché il tampone non presenta controindicazioni sanitarie e nel momento pandemico risulta l’unico strumento per accertare il contagio a seguito di esposizione prolungata e non protetta come quella che può essere avvenuta all’interno della scuola dell’infanzia frequentata dal figlio ove non sia applica alcuna forma di distanziamento e di protezione da Covid-19».
Vista l’urgenza, il giudice ha quindi autorizzato la madre «inaudita altera parte», cioè senza contraddittorio, «a prestare il consenso affinché il figlio possa essere sottoposto al tampone ogni qualvolta le autorità sanitarie o il medico curante riterrà opportuno, nonché – si precisa nelle conclusioni del documento – ad adottare tutte le decisioni relative a eventuale isolamento nel caso di contatti diretti tra il minore e soggetti terzi risultati positivi al Covid-19».
Sulle spalle del padre pesa anche un procedimento penale per maltrattamenti e stalking ai danni della moglie, oltre che per la violazione degli obblighi familiari.
«A fronte dell’ostruzionismo paterno, dannoso e immotivato, il tempestivo intervento del Tribunale è da lodare», annota l’avvocato de’ Manzano. «Vedo molti casi in cui uno dei due genitori è impedito dall’altro nelle decisioni da assumere per i figli. Un campo di battaglia in cui i risentimenti personali spesso si trasformano in lotte di potere»
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