Fusioni di Comuni in Fvg, il flop non ferma la giunta: ecco il piano per 216 enti locali

La Regione ha stilato il programma annuale delle ipotesi di aggregazione. Tra i capoluoghi c’è soltanto Gorizia assieme a Mossa o Savogna d’Isonzo

UDINE. Il passato non ha portato in dote molti risultati positivi, ma la giunta regionale non demorde nel proprio progetto di ridefinizione della geografia del Fvg.

La legge sulle Uti, nonostante i problemi che si trova ad affrontare da due anni a questa parte, è realtà, ma da Trieste si continua a insistere pure su un tasto che sta molto a cuore all’assessore Paolo Panontin anche se in Friuli, al momento, trova poco terreno fertile: le fusioni tra Comuni.

Per il secondo anno di fila, infatti, accanto alla definizione degli incentivi finanziari per quei Municipi che decidono di aggregarsi, la giunta ha stilato il suo Programma delle fusioni. Una sorta di Bignami che raccoglie sia le istanze di quei Comuni che hanno manifestato l’intenzione di provare a unirsi, che le possibili fusioni ideali, secondo la giunta, per provare a semplificare un quadro oggettivamente complesso e frammentario con 216 Municipi a disegnare l’attuale geografia di un territorio regionale con appena 1,2 milioni di abitanti.

Flop dei referendum

La Regione si muove all’interno di uno scenario in cui la difesa del campanile – o dell’identità locale a seconda dei punti di vista –, sommata alle speculazioni politiche che spesso si scatenano su questi temi, la fa da padrone. I dati relativi ai referendum popolari dello scorso anno, d’altronde, sono impietosi. A giugno i cittadini hanno bocciato l’ipotesi di accorpamento tra Monfalcone, Ronchi dei Legionari e Staranzano, quella tra Tramonti di Sopra e di Sotto e quella tra Codroipo e Camino al Tagliamento ripetendosi, a novembre, sulla chance di unione tra Manzano e San Giovanni al Natisone.

Un discorso a parte, invece, merita il referendum a Gemona e Montenars che ha ottenuto un esito complessivo favorevole secondo i criteri della legge regionale, ma nel secondo Comune il 68,6% dei votanti si è espresso negativamente. Appare complesso, dunque, per la Regione – che pure ne avrebbe pieno diritto e potere – muoversi in aperto contrasto con la volontà popolare manifestata dalla stragrande maggioranza dei cittadini di uno dei due Comuni interessati.

Terra dei mille campanili

Le resistenze, dunque, in Friuli paiono essere più forti dei fondi messi a disposizione e anche della bassa densità demografica di buona parte dei Comuni della nostra regione. Basti pensare, ad esempio, che il numero medio di abitanti in Fvg per singolo Municipio è pari a 5 mila 592 contro una media nazionale di 7 mila 344.

Non soltanto, però, perché nello scacchiere del Fvg, i Comuni fino a mille abitanti rappresentano il 21,8% del totale e quelli sino a 3 mila il 37,5%. Complessivamente, quindi, arrivano a quasi il 60%, ma soprattutto occupano una superficie superiore al 50% di quella friulana a fronte di una popolazione che, invece, non va oltre al muro del 15%. Una situazione particolarmente evidente tra i Comuni considerati montani dove quelli sino a mille abitanti sono 37 su 58 e una razionalizzazione del sistema, probabilmente, servirebbe più che in altre aree della regione.

Le ipotesi in campo

Nello stilare il Programma la Regione ha messo in campo diverse opzioni. Per ognuna delle Uti analizzate singolarmente ci sono ipotesi separate a seconda del numero di Comuni preso in considerazione, degli abitanti complessivi e della possibile nuova densità geografica.

Per quanto riguarda l’ambito di Canal del Ferro e Val Canale, ad esempio, si passa dall’ipotesi di aggregazione tra Chiusaforte e Dogna (totale 895 abitanti) a quella che unirebbe ai due Comuni anche Pontebba per un nuovo ente locale con una popolazione pari a poco meno di 2 mila e 400 persone passando per una variabile ancora più grande che abbraccerebbe Chiusaforte e Dogna con Moggio Udinese e Resiutta e un Municipio da oltre 3 mila anime.

Lo stesso discorso, poi, si può fare per la Carnia con un ipotesi di lavoro – tra le tante che trovate in tabella – che unirebbe Comeglians, Forni Avoltri, Ovaro, Prato Carnico e Rigolato per un totale di 4 mila 600 abitanti e un territorio di oltre 270 chilometri quadrati.

Comuni più grandi

Lo spettro di possibilità – perché lo ricordiamo tali sono per gli enti locali non essendoci legalmente l’opzione di procedere a fusioni forzate – è ampio e ha portato la giunta a pensare pure ad aggregazioni notevoli, almeno per le dimensioni del Fvg, non soltanto limitate a una manciata di migliaia di abitanti. Nell’ambito territoriale del Collinare, ad esempio, troviamo l’idea di unire Fagagna e Rive d’Arcano – 8 mila 758 abitanti – oppure Colloredo di Monte Albano, Moruzzo e Pagnacco per un maxi-ente da poco meno di 10 mila persone.

Una quota che potrebbe essere superata se, teoricamente, Magnano in Riviera e Tarcento decidessero di unirsi tra loro, così come Cassacco e Tricesimo oppure, ancora, dalle parti del Natisone Cividale del Friuli, Prepotto e Torreano (14 mila 400 persone) e, nella Bassa, Cervignano del Friuli e Torviscosa (16 mila 378) anche se, in questo caso, l’ipotesi pare leggermente azzardata conoscendo le realtà specifiche dei due Comuni.

Gorizia unico capoluogo

Nel Programma non sono stati compresi quei Comuni che hanno espressamente dichiarato di non volersi unire con altri Municipi – vedi il caso di Malborghetto su cui in passato si era aperta una discussione sulla possibilità di fusione con Tarvisio – oltre alle città di Udine, Pordenone e Trieste che per dimensioni, sia demografiche che fisiche, certamente possono muoversi in autonomia, o quantomeno all’interno delle rispettive Uti, ma è inserita Gorizia, unico (ex) capoluogo di Provincia su cui la giunta ha pensato a un possibile percorso di lavoro.

Anzi, sono due le ipotesi che la Regione mette sul tavolo per quanto riguarda la città guidata da Ettore Romoli e che in primavera andrà al voto per scegliere il suo nuovo sindaco oltre a rinnovare il Consiglio comunale. La prima porta all’unione con Mossa, data la «continuità territoriale e urbanistica rispetto alla frazione di Lucinico».

La seconda guarda invece a Savogna d’Isonzo con il quale, stando a quanto scritto dalla giunta nel Programma, Gorizia «presenta omogeneità dal punto di vista della tutela della minoranza linguistica slovena rispetto al confinante quartiere di Sant’Andrea».

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