Furti su commissione da Udine a Tricesimo

Una raffica di furti di prodotti di marca. La merce viene poi rivenduta all’estero: quasi tutti i negozi sulla Tresemane hanno dovuto fare i conti con i ladri
Reana 28 aprile 2015 sorelle ramonda Telefoto Copyright Petrussi Foto Press - Massimo Turco
Reana 28 aprile 2015 sorelle ramonda Telefoto Copyright Petrussi Foto Press - Massimo Turco

UDINE. A commettere i furti sono in prevalenza stranieri, rubano su commissione, portandosi via anche interi espositori e mandano la merce, tutta di marchi famosi, al mercato dell’Est Europa. È questa la tipologia dei ladri e dei colpi che negli ultimi mesi stanno rendendo la vita difficile ai negozi e ai grossi punti vendita sull’asse della Tresemane, da Udine a Tavagnacco, fino a Reana del Rojale.

I centri più colpiti sono quelli che trattano abbigliamento, come Sorelle Ramonda o Arteni, ma anche occhiali, come Megavision. La casistica dei furti è enorme: negli ultimi anni tutti hanno subìto di tutto, dalla spaccata con l’auto utilizzata come ariete, al tombino lanciato contro la vetrina per entrare durante la notte, al buco nel muro o nel soffitto, fino ai colpi messi a segno durante gli orari di apertura dei negozi.

E anche in questo ultimo caso i metodi utilizzati sono moltissimi. C’è chi sceglie di eludere i sistemi antitaccheggio nascondendo la merce all’interno di borse schermate, chi utilizza veri e propri congegni che di fatto neutralizzano il sistema allarmato alle porte, chi sceglie di togliere l’antitaccheggio con attrezzi come cacciaviti o forbici, anche rischiando di danneggiare gli abiti o le astine degli occhiali.

Insomma, una vera e propria lotta continua, anche perché sono gli stessi ladri che modificano nel tempo il proprio modo di operare in base a come i commercianti cambiano i sistemi di protezione.

Per difendersi i negozianti investono migliaia di euro

«Noi vendiamo occhiali - spiega Domenico Bonanni, amministratore delegato di Megavision - e i nostri 16 negozi sparsi in Friuli e in Veneto sono protetti da allarme, telecamere, sistemi antitaccheggio, collegamento alla vigilanza, ma non basta. È la modalità di esecuzione, la protervia con la quale gli assalti si susseguono che rende difficile proteggersi. E poi c’è il vero problema: nel nostro Paese manca la certezza della pena. Le forze dell’ordine intervengono, spesso con successo come è capitato a noi più di una volta, ma due giorni dopo gli arrestati erano fuori, più motivati di prima».

«L’incidenza dei furti è costante, forse un po’ aumentata - spiega la co-titolare di Sorelle Ramonda, Donatella Degli Angeli -. Dalla nostra esperienza a compierli sono in maggioranza persone straniere, che prendono di mira capi costosi, soprattutto di pelle, agendo chiaramente su commissione. Spesso per portarli via non stanno attenti e li danneggiano per staccare l’antitaccheggio. In un anno ci accorgiamo in media di una ventina di furti, ma sono molti quelli che non riusciamo a individuare. A volte sono abili a nascondere le placchette rotte e ci rendiamo conto del fatto solamente molto dopo. Cosa fare? Noi ci siamo dotati di sistemi di controllo e d’allarme, ma purtroppo il problema è che anche se c’è una legge e dovrebbero essere condannati, i processi spesso avvengono in contumacia, perché il responsabile è già scappato».

«Per cercare di difenderci - spiega Gianni Arteni, presidente della Arteni spa - applichiamo ai capi etichette magnetiche ben nascoste, in maniera che il ladro non riesca a toglierle e venga bloccato alle uscite dall’allarme, ma spesso escono con i sistemi ancora attaccati. Schermano le borse e se vanno anche con decine di abiti, maglie, oggetti. Ci siamo accorti della sparizione anche di serie complete di colori e taglie spariti nel nulla. Ma potremmo scrivere libri su tutti i casi che ci sono capitati negli anni. In un’occasione un uomo molto grosso provava dei capi e con la propria mole nascondeva la complice che a due passi dalla commessa ha portato fuori uno stand intero di completi da sci, facendo uscire un capo alla volta. Per non parlare dei buchi nei muri e i ladri che strisciavano spingendo i jeans con i gomiti perché il sistema d’allarme scattava solamente sopra i trenta centimetri dal pavimento… Il problema è che non c’è certezza della pena in Italia. E i ladri lo sanno».

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