Fulvio Bressan, dalla bufera a mister “Schioppettino”

FARRA. Dopo la bufera scoppiata in seguito ai suoi commenti sul ministro Kyenge, Fulvio Bressan incassa un riconoscimento internazionale di prestigio che ha il sapore di una piccola rivincita personale.
Il noto produttore vinicolo di Farra, i cui vini sono conosciuti da anni anche all’estero, è stato premiato a Varsavia per il successo del suo Schioppettino annata 2007: quello polacco, tra l’altro, è ormai considerato uno dei mercati emergenti a livello europeo. Lo Schioppettino di Bressan è stato premiato come miglior rosso presente sul mercato polacco nel 2013 dalla rivista “Magazyne Wino”, un riconoscimento che assume una valenza ancora più elevata se si pensa che il Friuli e il Collio sono da sempre universalmente noti per i loro vini bianchi.
In questo caso, invece, Bressan ha dimostrato di essere in grado di produrre un vino capace di battere i migliori rossi internazionali e di prevalere anche sui tradizionali “campioni di categoria” italiani come i blasonati rossi toscani e piemontesi, meglio di Chianti, Brunello, Barbera e Barolo.
Il tutto puntando tra l’altro su uno dei vitigni autoctoni più antichi e legati alla tradizione alla terra friulana. «È una bella soddisfazione, anche perché la Polonia è una realtà dove sta crescendo la cultura dell’eccellenza applicata al vino e al cibo, e dove le degustazioni per questo tipo di premi sono fatte davvero alla cieca, senza barare – commenta Bressan -. Lo Scioppettino è un vitigno che negli ultimi anni è stato snobbato dai produttori friulani che evidentemente pensano più alla quantità che alla qualità. Non si comprende più il valore di queste uve. Poche zone sono vocate come il Friuli orientale e a Corona, dove ho i miei vigneti per lo Schioppettino, il terreno contiene la giusta percentuale di sesquiossidi di ferro Nei mesi scorsi mi sono sentito dare del razzista solo perché avevo criticato un ministro che parla di accoglienza senza pensare ai milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà. Ho subito un boicottaggio perché sono un personaggio scomodo e l’elevata qualità dei miei vini evidentemente dà fastidio a chi vorrebbe livellare verso il basso il mercato, magari per fare un favore agli americani. Non mi rassegno all’omologazione, sono ancora convinto che il nostro unico bene sia la terra dalla quale possiamo ricavare un vino buono e naturale».
Il “caso” era esploso lo scorso agosto quando, sul proprio profilo Facebook, Bressan aveva postato un messaggio contenente parole offensive nei confronti del ministro, giudicate gravi e razziste da numerosi esponenti del mondo vinicolo ed enologico italiano.
Critiche culminate nella “scomunica” da parte di Slow Food che aveva deciso di bandire i vini prodotti dall’azienda Bressan dalla guida Slow Wine, parlando di «sacrosanta indignazione a livello nazionale e in diversi Paesi dove i suoi vini sono conosciuti e dove l’eco di quelle frasi è giunta».
Non erano mancati, nella circostanza, gli attestati di solidarietà nei confrtonti di Bressan: c’era chi aveva sottolineato che la guida dovrebbe limitarsi a recensire la qualità oggettiva dei vini senza pretendere per ogni produttore un certificato di buona condotta e pensiero politicamente corretto.
«Chiedo scusa delle parole che ho usato – aveva replicato Bressan - ma erano dettate da un momento di estrema rabbia nel veder sprecare i soldi pubblici da questo ministro. Se ho usato quel linguaggio ineducato e provocatorio l’ho fatto per dimostrare che nel nostro paese ormai si viene ascoltati solo se si usano espressioni becere».
Piero Tallandini
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