Friuladria sfida la crisi, impieghi in crescita (+5,3%)

PORDENONE. «Se, anzichè cercare di scaricare responsabilità in casa d’altri, ciascuno facesse al meglio la propria attività, credo sarebbe più facile uscire dalla crisi». E richiama i dati di bilancio Angelo Sette, presidente della Banca popolare FriulAdria, per smentire le accuse che il mondo delle imprese rivolge genericamente al sistema del credito, imputando la “tirchieria” di chi dovrebbe aprire i cordoni della borsa e invece li mantiene annodati. Impieghi in crescita del 5,3%, oltre 3 mila nuovi mutui concessi, quasi 200 milioni erogati al settore agricolo e agroindustriale, +60% sul 2010, per non parlare del plafond da un miliardo e mezzo di euro messo dal Gruppo Cariparma a disposizione delle Pmi o dell’innovativa polizza Protezione Ottimismo che copre le spese correnti in caso di perdita del lavoro da parte del capofamiglia.
E dunque, presidente, perché queste accuse?
«Perché in momenti di crisi e in assenza di argomenti propri, è facile andare a cercare in casa d’altri di scaricare responsabilità. Ci lamentiamo del governo, il governo invita le imprese a investire di più, le imprese chiedono ai sindacati più flessibilità e alle banche più credito... Ognuno dovrebbe, invece, cercare di fare al meglio la propria attività: le imprese negli investimenti in innovazione e nella ricerca di nuovi mercati, lo Stato in infrastrutture per ridare fiato all’edilizia che è il settore probabilmente più in sofferenza, e sostenendo le piccole e medie imprese affinché si mettano in rete e si internazionalizzino. Il concorrente dell’artigiano di Fontanafredda oggi è ad Hong Kong non più a Sacile, il mondo ha diversi confini e dobbiamo ragionare in termini diversi».
Usciremo dalla crisi?
«Sì, ma ci vorranno anni per riagganciare il Pil del 2006. Va preso atto della situazione e vanno messe in atto scelte in grado di ottenere gli stessi risultati della Germania. Siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa, abbiamo una strada tracciata che deve essere intrapresa».
Guardando al territorio, in che modo le imprese regionali e del Nordest stanno affrontando la crisi?
«Nel 2011 si è acuita la crisi del manifatturiero, e Udine e Pordenone sono aree prevalentemente manifatturiere. Imprese in sofferenza, certamente, molto meno quelle vocate all’export. Le esportazioni sono un’ancora di salvataggio, e a dimostrarlo sono i dati: Pordenone ha chiuso il 2011 a +9% contro una media nazionale e regionale del +3%. Ancora in crisi sono le aziende che si rivolgono in via quasi esclusiva al mercato nazionale dove il calo dei consumi determina un eccesso di produzione».
Ricordava che tra i settori in sofferenza, spicca l’edilizia...
«Assolutamente sì, edilizia e immobiliare stanno soffrendo molto. E qui molto potrebbero fare gli enti pubblici, Comuni, Province, Regione e Governo per definire un piano di investimenti europei. Non occorre inventare nulla, basta osservare ciò che hanno fatto altri Paesi, come gli Usa, che hanno rilanciato gli investimenti in infrastrutture per compensare il crollo di quelli privati».
Tornando al credito, che giudizio dà alla proposta di Unindustria di convogliare i “tesoretti” di privati ed enti in istituti che si impegnino a dare credito alle imprese?
«Mi fa ripensare ad un’iniziativa avviata trent’anni fa, durante la crisi degli anni 80, quando venne costituita una finanziaria di partecipazione, Finind, alla quale aderirono l’associazione industriali, le banche, la Zanussi e a cui si affiancò anche Friulia, che aveva l’obiettivo di sostenere la capitalizzazione delle aziende. Io credo che potrebbe essere interessante riproporla oggi e con le stesse finalità, perché i finanziamenti alle imprese, con l’avallo dei Congafi, sono a disposizione, e a fine marzo gli impieghi risultano in crescita del 12% rispetto a un anno fa».
Rivendicate da sempre la definizione di “banca del territorio”. In che modo si declina questa filosofia?
«Dando al territorio più di quel che riceviamo, e sotto diversi profili. Se consideriamo la raccolta, nel 2011 si è attestata a 5,8 miliardi di euro, gli impieghi hanno raggiunto i 6,5 miliardi, evidentemente le risorse che abbiamo messo a disposizione di imprese e famiglie sono nettamente superiori, e questo grazie all’appartenenza ad un gruppo solido con un ottimo stato di liquidità, tanto che non abbiamo attinto nemmeno un centesimo dai fondi della Bce. Partecipiamo poi a innumerevoli iniziative di carattere sociale, culturale, sportivo, di beneficienza. Nel 2011 abbiamo incrementato di quasi il 40% le risorse destinate a questi progetti. FriulAdria è un’azienda attenta non solo a svolgere il proprio lavoro di intermediazione, ma anche al sostegno delle attività sociali».
Rilievi da rivolgere alla Regione?
«Il contesto è difficile e richiede attenzione nella gestione di risorse in contrazione. Forse ci vorrebbe maggiore incisività e capacità di ridurre i tempi delle decisioni. La terza corsia sulla A4 ne è un esempio: due anni per chiudere un’operazione finanziaria che è diventata più onerosa perché, nel frattempo, i tempi sono cambiati».
Un accordo sulla competitività capace di coinvolgere istituzioni, impresa, sindacati, associazioni di categoria. Mi riferisco al progetto Ideal Standard, che ne pensa?
«E’ un progetto da portare avanti ed estendere. Ha l’obiettivo di facilitare il mantenimento di grandi imprese sul territorio e di renderlo attrattivo per nuovi investimenti. Gli interventi di Frie e Friulia avevano questa connotazione ed erano stati in grado di ottenere risultati; ora ben vengano accordi di questo genere perché se il territorio cresce il vantaggio è di tutti».
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