Frico: storia, ricetta e accostamenti per un piatto salutare

Una ricetta semplicissima che, declinata in numerose varianti, ha superato indenne i secoli. Piatto locale, a partire dagli ingredienti, e globale, tanto da essere arrivato sulle ribalte televisive non solo nazionali, il frico è uno dei piatti più rappresentativi della tradizione gastronomica del Friuli. Ecco come e quando nasce, la ricetta dello chef Alessandro Gavagna e la rivisitazione del nutrizionista Antonio Galatà.
La storia
Il frico è un piatto tradizionale della carnica di cui non esiste una sola ricetta: ognuno ha la sua. L’unica certezza è il formaggio cotto, montasio, latteria e di malga che sia, come ingrediente principale. L'aspetto è quello di una frittata anche se niente ha a che vedere con le uova. Appartiene alla categorie delle ricette di una volta, di quando si andava a piedi dappertutto, serviva energia per affrontare lavori fisici. Di quando non si buttava via niente, in cucina gli sprechi non erano ammessi. Viene dalla povertà contadina, serviva per sfamare i boscaioli che partivano per lavoro per qualche giorno. Si grattugiavano formaggi di diverse stagionature, si cuocevano sul fogolar e poi si mettevano in saccoccia, energia necessaria per affrontare le giornate di lavoro. Nei nostri più sedentari tempi è diventato per lo più un piatto per i giorni di festa.
Si narra che si avvicinò alla creazione del frico anche Sant’Ermacora, patrono di Udine, quando venne accolto in una casa di boscaioli e unì in tempi diversi caglio, acqua fredda e caldo, aceto. Probabilmente il frico nasce per caso, dal solo formaggio. Poi sono arrivate le prime varianti con l’aggiunta di cipolla e di patate. Quindi le successive evoluzioni. Oggi si fa corteggiare dagli ingredienti più disparati, al formaggio si aggiunge la creatività.
La prima traccia scritta risale al 1450: nel “Libro de arte coquinaria” viene presentata la versione di Martino da Como, capocuoco a Roma del Patriarca di Aquileia, Lodovico Trevisan, tra il 1439 l 1465. Il nome era “Caso in patellecte”, “Formaggio in padella”. Questo è.
CASO IN PATELLECTE
Piglia del caso grasso, e che non sia troppo vecchio né troppo salato et tagliarai in fettolini o bocconi quadri, o como ti piace; et habi delle padellette fatte a tale mistero; en sul fondo metterai un poco di butiro, overo di strutto fresco, ponendole a scaldare sopra le brascie e dentro li mettirai li ditti pezzoli di caso; et como ti piace che sia facto tenero gli darai una volta, et mettendogli sopra del zuccaro e della cannella; et mandaralo subito in tavola, che si vol magnare dopo pasto et caldo caldo.
Item poterai conciare in altro modo lo ditto caso brustolando, prima arrostendo al foco delle fette dello pane tanto che da ogni lato si incomincino a rostire. mettendo le dicte fette per ordine in una padella da torte; et sopra a quelle ponerai altramente fecte di caso un poco più sottili che quelle dello pane; et sopra la padella mettirai lo suo coperchio fatto caldo tanto che il dicto caso si incominci a struggere o a squagliare et facto questo gli buttarai di sopra del zuccaro con un poca di canella, et zenzevero.
Cucina senza sprechi. Questo piatto della tradizione è una specialità particolarmente attuale per due motivi: è a km zero e nasce nel segno di una cucina senza sprechi. Nasceva dai ritagli di formaggi che si trovavano a casa. Sottostimato a lungo il tema degli sprechi alimentari è tornato ad essere emergente e a preoccupare visto le conseguenze socio-economiche ed ecologiche che si tira dietro. L’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha di recente presentato un Rapporto (“Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”) in cui si stima che in Italia ogni giorno si buttano via 960 chilocalorie pro-capite, a fronte di una media mondiale di 660. Tutto ciò ci costa 16 miliardi di euro e l'emissione annua di 24,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Tra le strategie messe in campo, secondo un'indagine Coldiretti/Ixè, c’è il ritorno in cucina degli avanzi.
Esistono tante varianti quasi quante le persone che lo cucinano. Ecco la ricetta dello chef Alessandro Gavagna
Ingredienti. Formaggio montasio, patate (non devono essere farinose), cipolla, sale e pepe
Procedimento. La cipolla va tagliata sottile e rosolata in padella con un filo di olio di semi. Deve appassire piano piano. Intanto si lessano le patate con la buccia. Quando sono lesse si toglie la buccia. Si fa l’impasto: si grattugiano patate e formaggio, si aggiunge un po’ di cipolla già brasata, pepe e (non troppo) sale. Si mescola piano piano con le mani, l’impasto deve essere arioso e non compatto. Quindi si mette a scaldare la padella, si dispone l’impasto, schiacciando con una paletta per renderlo.
Il nutrizionista
Abbiamo detto, un piatto delle feste. Come tramutarlo in un piatto da gustare più di frequente? “Lavorando su cottura e soprattutto abbinamenti”, consigliano il nutrizionista Antonio Galatà e lo chef Giorgio De Luca Bosso. “A base di formaggio, cipolla e burro, abbonda in grassi - dice Galatà-. Ma i grassi non vanno demonizzati, piuttosto dosati e abbinati con criterio”. Ecco allora quali accorgimenti adottare nella cottura e negli accostamente in una rivisitazione che non è ligia della tradizione ma più attenta alla nostra salute.
Un momento importante nella preparazione è la cottura. “Bisogna stare attenti, quando il burro viene sciolto in padella con la cipolla, a non superare il punto di fumo, 130 gradi. Si può controllare con un termometro ma si fa in fretta anche ad acquisire una manualità tale da riconoscere il momento giusto senza bisogno di attrezzatura. Allontanare per brevi periodi la padella dal fuoco è uno degli accorgimenti che serve per mantenere costante la temperatura”. Il nutrizionista consiglia anche l’aggiunta di un pizzico di sale per aiutare a disidratare la cipolla e renderla più croccante. “Meglio aggiungere il formaggio fuori dal fuoco per poi distribuirlo in modo omogeneo. Il grasso in eccesso, rilasciato dal formaggio, può essere scolato. Ricordiamoci che la croccantezza non si forma in cottura ma durante la fase del raffreddamento”.
"Le reazioni chimiche che avvengono in cucina sono universali, indipendentemente dal contesto - commenta lo chef Giorgio De Luca Bosso - . Come quella di Maillard tra zuccheri e amminoacidi, le molecole base delle proteine. Gli zuccheri reagiscono sempre a partire da 130 gradi, a un determinato ph e a una determinata temperatura".
La crosta dorata, così tipica, non è alleata della nostra salute. “Dà anche un gusto amarognolo al palato”. Una variante che esula dalla tradizione, suggerisce il nutrizionista, è la cottura nel forno a 150 gradi per 15 minuti. “Il prodotto rimane sapido e croccante, senza l’amaro del prodotto bruciacchiato che presenta sostanze tossiche”.
Perché il piatto sia bilanciato bisogna stare attenti alle quantità. “Per porzione – dice Galatà- si possono usare 50-60 grammi formaggio con 10 di burro, per avere circa 20 grammi di grassi per piatto, misura che si avvicina molto al fabbisogno giornaliero per un pasto principale, pranzo o cena”.
Una volta cotto è il momento di pensare agli abbinamenti. “DI base il frico contiene solo grassi perciò, vanno aggiunti carboidrati, proteine, fibre. I carboidrati rappresentano il 60% del nostro fabbisogno energetico e li possiamo recuperare accostando polenta o patate. Le fibre (presenti anche nella polenta) le possiamo trovare, in autunno, nella zucca”. Un esempio di piatto completo è composto da 60 grammi di formaggio, 10 di burro, 100 di polenta. Si può accostare la zucca e aggiungere un frutto.
“Facendo attenzione alla cottura e abbinandolo con criterio ad altri alimenti possiamo gustarcelo anche due volte a settimana. L’importante, nella dieta, è variare”
Fuori regione trovare e assaggiare il frico è complicato. A Roma per esempio c’è un solo ristorante che al momento lo mette in menù, ma lo importa e può capitare che ne sia sprovvisto in alcuni periodi. Si trova in piazza Mattei più nota come piazza delle Tartarughe, dal nome della fontana, scenario de “Il Piacere” di D’Annunzio. L’associazione Fogolar Furlan, friulani residenti nella capitale, si fa spedire frico in occasioni speciali. “A Natale – assicurano – si esaurisce subito”. La difficoltà sta nel reperire la materia prima per volerlo cucinare, i formaggi friulani.
Il frico ha avuto di recente le sue ribalte mediatiche. Samira Lui, diciannovenne di Udine, alta 1.78, occhi neri e capelli castani, mamma italiana e papà senegalese, terza nel concorso di Miss Italia ha vinto la fascia di Miss Italia Chef cucinando il frico “in maniera superlativa” secondo lo chef Simone Rugiati.
La ricetta è entrata nel menù mediatico grazie alla vittoria del giovane chef friulano Luca Manfè di Aviano che ha trionfato nell’edizione stelle e strisce di MasterChef proprio grazie al frico.
A Udine è stato preparato un frico da record nel settembre del 2015: 180 chili e 250 centimetri di diametro. Con 90 chili di patate e 90 di formaggio è riuscito a sfamare più di 1000 persone.
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