Frane, boschi distrutti, strade interrotte: in volo sul Friuli ferito

UDINE. Un intreccio di piante abbattute dal vento copre i versanti delle montagne. Ettari ed ettari di bosco sono stati distrutti dalla furia del maltempo. Impressionante lo spettacolo che si presenta a chi sorvola la Carnia come abbiamo fatto noi sabato 3 novembre: difficile trovare le parole per descrivere tanta distruzione.
Non sarà facile rimuovere tutte le piante cadute anche in zone impervie, irraggiungibili con i mezzi meccanici. Il freddo è alle porte e per risolvere una delle emergenze della montagna ferita bisogna fare in fretta. Intanto la gente si rimbocca le maniche.
Il nostro viaggio a bordo dell’elicottero dell’Elifriulia, assieme al vicepresidente della Giunta regionale, Riccardo Riccardi, e al direttore della Protezione civile regionale, Amedeo Aristei, inizia alle 10 di sabato da Ravascletto. Prima del decollo la tappa in municipio è doverosa.
Il sindaco, Ermes De Crignis, come aveva fatto pochi minuti prima il suo collega di Treppo Carnico, Luigi Cortolezzis, chiede alla Regione una mano per tagliare il legname ed evitare così che i tronchi marciscano sul posto rischiando di danneggiare le piante risparmiate dal vento.
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Tra le emergenze i sindaci citano i movimenti franosi vecchi e nuovi che, se continuerà a piovere, potrebbero tornare a compromettere la viabilità, la messa in sicurezza dei torrenti e la rimozione del legname che ha danneggiato le linee elettriche.
Nella stragrande maggioranza dei comuni della Carnia le lampadine si accendono grazie ai generatori di corrente messi a disposizione dall’Enel che ora però stenta a garantire le forniture di carburante.
Sauris
A pochi minuti dal decollo dal campo sportivo di Ravascletto, sorvoliamo la val Pesarina. A Pradibosco lo skilift si nota appena, è quasi completamente coperto dalle piante cadute. È questa la prima immagine che ci colpisce durante il sopralluogo, prima di atterrare a Sauris.
Qui il sindaco, Ermes Petris, si consola ripetendo che fortunatamente nessuno è stato colpito dalle piante che la bufera sollevava come fossero tanti bastoncini. Il rischio c’era basti pensare che per consentire il transito dei mezzi i volontari facevano lo slalom tra i tronchi.
La viabilità che collega Sauris ad Ampezzo è fragile, impraticabile quella per Casera Razzo e il monte Pura. «Ci serve un anello emergenziale, stiamo cercando di ripristinare anche le strade per arrivare all’acquedotto», spiega il sindaco facendo notare che il prosciuttificio è chiuso, che una verifica va fatta sugli impianti da sci e che il ripristino della corrente elettrica richiede mesi di lavoro. Impossibile pensare di andare avanti con i generatori anche perché il carburante arriva con il contagocce.
«Dopo giorni di polemiche – conferma Petris – l’Enel ci ha inviato solo 50 litri di gasolio». Anche a Sauris si cerca di salvare il salvabile nei boschi: «L’inverno è alle porte, se il legname non viene rimosso subito rischia di perdere il 30 per cento del suo valore». Questo è il punto perché di fronte a quelle distese di piante cadute è impossibile pensare di spostarle impiegando le risorse comunali.
Forni di Sopra
Nella perla delle Dolomiti friulane i generatori di corrente non sono mai arrivati. L’Enel non li ha consegnati forse perché a fornire l’energia elettrica è l’Idroelettrica fornese. L’Enel, però, come fa notare il sindaco Lino Anziutti, «deve assicurare l’energia fino all’interno delle cabine».
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Il sindaco richiama il gestore privato ai suoi obblighi perché, in questi giorni di emergenza, da queste parti non si sa chi deve pagare il carburante. Alimentare i generatori di corrente significa consumare circa 150 litri di gasolio all’ora e affrontare una spesa giornaliera di circa 5 mila euro.
«Chi tira fuori questi soldi?», si chiede Anziutti impegnandosi a salvare la stagione invernale. La copertura del self-service Varmost non c’è più, il vento l’ha portata chissà dove: «Questi problemi vanno risolti – ripete Anziutti – non possiamo compromettere la stagione».
Forni di Sotto
Complesso il quadro illustrato dal sindaco di Forni di Sotto, Marco Lenna, a Riccardi e Aristei. Lunedì sera il rio dei Molini faceva paura. Il sindaco e i volontari della protezione civile hanno lavorato per ore sotto il diluvio pur di liberare i mezzi della Saf bloccati nel fango.
Tante le criticità illustrate da Lenna, una per tutte: qui si contano 22 punti interrotti lungo la linea elettrica. L’unica consolazione è che le opere eseguite negli anni scorsi per la messa in sicurezza del territorio hanno tenuto e, probabilmente, hanno contribuito a evitare il peggio.
Sappada
L’elicottero decolla da Forni di Sotto intorno alle 14. Il sole scalda gli animi feriti e consente di apprezzare i colori autunnali che addolciscono i pendii violati. Ma all’improvviso lo sguardo spazia sulla zona devastata: altri schianti, altra desolazione.
Arriviamo a Sappada sorvolando chiazze enormi di pini ed abeti finiti a terra. Il sindaco Manuel Piller Hoffer, elenca le criticità: il bosco della Digola non esiste più e il Piave imperversa a Cima Sappada mettendo a rischio un campeggio e un’abitazione. Molto è stato fatto, le difese spondali realizzate a monte hanno tenuto, ma altrettanto resta da fare.
Riccardi e Aristei chiedono al primo cittadino un dossier per inserire gli interventi urgenti nell’elenco che stanno compilando anche gli altri comuni. Preoccupano le condizioni degli impianti di risalita gestiti da una società privata. Il passaggio dal Veneto al Friuli è alla prova dei fatti e Piller Hoffer sa di poter contare sulla Regione che, a giorni, istituirà il gruppo dei volontari della protezione civile sappadina.
Salutiamo il sindaco non prima di aver affrontato il tema degli schianti degli alberi. A occhio nudo sul monte Siera si vedono ampie fasce spoglie che decidiamo di sorvolare per restare, ancora una volta, senza parole. La furia del vento e dell’acqua ha cambiato la fisionomia del territorio che ai nostri occhi appare persino umiliato. Di tanto in tanto l’intreccio dei tronchi viene interrotto da scie di sassi e fango che segnano duramente i monti. La Carnia è sconquassata, l’acqua scende imponente da ogni rio.
L’elicottero sorvola la val Degano, lo strappo sulla strada tra Comeglians e Rigolato fa paura. È un mostro rispetto al ponte in ferro che consente al traffico leggero di raggiungere Rigolato, Forni Avoltri e Sappada. Sorvoliamo il centro biathlon, le piste di fondo sono coperte da un letto di tronchi.
Analoga la situazione fra Paularo e Ligosullo. Raggiungiamo la valle del But e anche qui la voragine sulla strada statale 52 continua a far paura. Lasciamo andare lo sguardo e i mezzi meccanici al lavoro nel letto del fiume sembrano infinitesimali di fronte alla scia di distruzione che hanno lasciato la pioggia e il vento.
Scendiamo dall’elicottero con un nodo alla gola: «Quando rivedremo le montagne coperte di pini e abete come si presentavano solo pochi giorni fa?». Impossibile rispondere, ora si tratta di rimuovere il materiale per salvare il salvabile come sta facendo la gente in queste ore.
Alla pari della distruzione, continua a stupire pure la capacità di reagire del nostro popolo che, di fronte ai disastri, interviene sempre con determinazione. Come ha detto il governatore Massimiliano Fedriga «è il nostro valore aggiunto».
Sabato mattina in ogni angolo di strada devastata c’era una donna o un uomo che raccoglieva il legname portato a valle dall’acqua o un operaio con la motosega in azione. Grazie all’aiuto dei cittadini e dei volontari della protezione civile i sindaci hanno evitato il peggio alle loro comunità, ora però chiedono aiuto perché nei boschi devastati devono entrare in azione imprese specializzate.
Di fronte a questi quantitativi di materiale da smassare la buona volontà non basta. E la Regione pensa a una task-force.
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