Frana del monte Toc,il sindaco ferma i curiosi
Sono proseguiti i crolli di roccia che da domenica mattina si verificano sul monte Toc, di fronte a Erto e Casso. Agevolato dalla pioggia insistente, il fenomeno è continuato con tonfi udibili anche dal paese. Ieri mattina il sindaco Luciano Pezzin ha emesso un’ordinanza per fermare i curiosi.

PORDENONE.
Sono proseguiti anche ieri i crolli di materiale inerte che da domenica mattina si verificano sulla parete del monte Toc, di fronte ad Erto e Casso. Agevolato dalla pioggia insistente delle ultime ore, il fenomeno di dissesto è continuato imperterrito per ore, con tonfi più o meno forti e udibili anche dal paese. Ieri mattina il sindaco della Val Vajont, Luciano Pezzin, è stato costretto ad emettere un’ordinanza contro i curiosi.
Il divieto impedirà l’accesso ai terreni soprastanti la faglia cedevole e nel sito in cui si arena il materiale ghiaioso: il rischio di nuovi cedimenti è troppo alto ma è altrettanto forte il timore che qualche sconsiderato riesca ad avvicinarsi troppo all’area nell’intento di scattare qualche fotografia d’eccezione. Sempre ieri dei tecnici della protezione civile regionale del Friuli Venezia Giulia hanno effettuato un sopralluogo al sito, constatando l’assenza di pericoli per abitazioni e infrastrutture.
Per mercoledì mattina è fissata un’ispezione aerea. In questo caso i funzionari della protezione civile utilizzeranno un elicottero dotato di speciali apparecchiature di rilevamento (episodi di dissesto così massicci e inattesi non capitano infatti tutti i giorni e rappresentano quindi una buona occasione di studio). Neppure questa operazione di sorvolo permetterà di quantificare con precisione quanta ghiaia è finita nel sottostante burrone. La difficoltà di calcolo dipende dal fatto che i sassi e gli alberi precipitano all’interno di un avvallamento già ricoperto dei precedenti detriti.
Il fenomeno è ritenuto naturale per una montagna che, come il Toc, è priva di appoggio: il crollo delle migliaia di metri cubi di bosco e roccia verificatosi alle 4.50 di domenica ha allargato la “ferita” a M che dalla notte del 9 ottobre 1963 campeggia sul versante montuoso. Alla fine si calcola che sia collassata un’estensione di circa 10 mila metri quadrati di terreni. I geologi prevedono che lo scivolamento a valle di pietrame durerà a lungo (del resto negli ultimi 46 anni il rotolamento di materiale inerte dalla sommità del Toc non si è mai arrestato).
A causare un’accelerazione così violenta hanno contribuito il disgelo, le piogge e anche le continue microscosse di terremoto che da decenni si verificano tra il limitrofo Alpago e l’Alta Valcellina. Il boato di domenica ha tirato giù dal letto l’intera popolazione di Erto e Casso, rievocando gli spettri di quel terribile 9 ottobre 1963.
Chi minimizza l’evento è lo scultore Mauro Corona che non vede nulla di strano in ciò che è successo. «Sono cose che avvengono da sempre e le esagerazioni o il sensazionalismo non fanno bene alla montagna», ha detto ieri Corona dopo l’assalto alla diga del Vajont da parte di centinaia di curiosi.
Fabiano Filippin
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