Foto e l’ultima bottiglia di birra del 1992: una mostra rinnova il legame di Udine con Moretti

C’è chi si riconosce, da bambino, in una delle fotografie esposte. Chi richiama il profumo del luppolo.
Chi è cresciuto ammirando l’insegna luminosa con il “baffone” intento a sollevare il boccale di birra. Basta pronunciare il nome Moretti per vedere uno scintillio negli occhi di giovani e meno.

Una marca di birra che ha fatto la storia di Udine, portando il nome della città e del Friuli in tutto il mondo.
E da venerdì 2 dicembre, grazie al progetto “Trent’anni senza Moretti”, i ricordi collettivi delle persone, riordinati dalla creatività dell’artista francese Fabien Marques e dal rigore organizzativo di Marta Tasso e Augusta Eniti, sono confluiti in una mostra ospitata al museo Etnografico di via Grazzano fino al 13 gennaio.
Ci sono cimeli, documenti, testimonianze, insegne e richiami artistici di quello che può essere considerato il marchio emblema della città di Udine.
Al taglio del nastro hanno voluto esserci, insieme ai curatori, il sindaco Pietro Fontanini, gli assessori Fabrizio Cigolot (ha portato i saluti di Luigi Menazzi Moretti) e Alessandro Ciani, un rappresentante dei lavoratori della fabbrica di viale Venezia, Armando Coletto che quando ha iniziato, nel 1963, c’erano ancora i carri trainati dai cavalli per il trasporto dei vuoti.
«Il nome Moretti fa parte del Dna di udinesi e friulani, e l’immagine del “baffone” ha accompagnato la vita di molte generazioni», ha esordito Cigolot. «Il Friuli si è dimostrato non solo terra di grandi vini, ma anche di grandi birre – ha aggiunto Fontanini –. Fa piacere essere qui per l’apertura di una mostra che recupera la memoria del legame tra Moretti e la città, e la tiene viva».
Ed è proprio dalla memoria di uno spazio ormai vuoto, l’arco con la scritta “Ditta Luigi Moretti” all’ingresso dell’omonimo parcheggio, che Marques ha iniziato il suo lavoro di ricerca, durato due anni e capace di far aprire i cassetti della memoria (e quelli fisici di casa) alle persone, contribuendo a far nascere la mostra.
«È stato un percorso di ricerca etnografica partecipativa che ha coinvolto un’intera comunità – ha assicurato Tasso –. Inauguriamo la mostra e apriamo l’archivio collettivo con il materiale raccolto consultabile e fruibile da tutti».
Ricostruzione storica che, come ha rimarcato Eniti, «non è quella ufficiale, ma frutto delle testimonianze e dei ricordi delle persone». Tra le chicche esposte, l’ultima bottiglia di birra prodotta a Udine nel 1992 con le firme dei dipendenti di quel turno.
Una storia iniziata nel 1859, che ancora oggi riesce a stupire e a emozionare.
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